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4 ETRURIA MERIDIONALE
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Digitized by the Internet Archive
in 2011 with funding from
University of Toronto
http://www.archive.org/details/collezionedimono48berg
Colle/ione di Monografie illustrate
Scric ITALIA ARTISTICA
DIREI IA da CORRADO I^ICCI.
l 'ohi mi pubblicali :
i. RAVENNA di Corrado Ricci vii Edizione, con 156 MI ut.
2. FERRARA «■ POMPOSA di Oiuseppi Aonblli. ni !
con 138 illusti 'azioni.
3. VENEZIA di Pompeo Molmenti. Ili Edi/., con 140 lllut.
i OIROENTI di Serafino Rocco; da SEOESTA i SELI
NUNTE ili Enrico Maucbri, con 101 illustrazioni.
5. LA REPUBBLICA DI SAN MARINO di Corrado Ricci.
II adizione, con 96 illustrazioni.
6. URBINO di Giuseppe Lipparini. Il Edi/, con 116 illus.
7. LA CAMPAGNA ROMANA di Ugo FLERES, con 112 illus.
8. LE ISOLE DELLA LAGUNA VENETA di P. Molmenti e
D. Mantovani, con 119 illustrazioni.
9. SIENA d'ART. Jahn Rusconi. II Ed., con 153 illustrazioni.
10. IL LAGO DI GARDA di Giuseppe Solitro, con 128 illus.
11. SAN GIMIGNANO di R. Pàntini. II Ediz., con 153 ili.
12. PRATO di Enrico Corradini ; MONTEMURLO e CAMPI
di G. A. Borgese, con 122 illustrazioni.
13. GUBBIO di Arduino Colasanti, con 114 illustrazioni.
14. COMACCHIO, ARGENTA E LE BOCCHE DEL PO di
Antonio Beltramelli, con 134 illustrazioni.
15. PERUGIA di R. A. Gallenga Stuart. II Ed., con 168 ili.
16. PISA di I. B. Supino, con 147 illustrazioni.
17. VICENZA di Giuseppe Pettina, con 147 illustrazioni.
18. VOLTERRA di Corrado Ricci, con 166 illustrazioni.
19. PARMA di Laudedeo Testi, con 130 illustrazioni.
20. IL VALDARNO DA FIRENZE AL MARE di Guido Ca-
rocci, con 138 illustrazioni.
21. L'ANIENE di Arduino Colasanti. con 105 illustrazioni.
22. TRIESTE di Giulio Caprin, con 139 illustrazioni.
23. CIVIDALE DEL FRIULI di Gino Focolari, con 143 ili.
24. VENOSA E LA REGIONE DEL VULTURE di Giuseppe
De Lorenzo, con 121 illustrazioni.
25. MILANO, Parte I. di F. Malaguzzi Valeri, con 155 ili.
26. MILANO, Parte IL di F. Malaguzzi Valeri, con 140 ili.
27. CATANIA di F. De Roberto, con 152 illustrazioni.
28. TAORMINA di Enrico Mauceri, con 10S illustrazioni.
29. IL GARGANO di A. Beltramelli. con 156 illustrazioni.
Collezione di Monografie illustrate
30. IMOLA E LA VALLE DEL SANTERNO di Luigi Orsini,
con 161 illustrazioni.
31. MONTEPULCIANO, CHIUSI E LA VAL DI CHIANA SE-
NESE di F. Bargagli-Petrucci, con 166 illustrazioni.
32. NAPOLI, Parte I. di Salvatore di Giacomo, con 192 ili.
33. CADORE di Antonio Lorenzoni. con 122 illustrazioni.
34. NICOSIA, SPERLINGA, CERAMI, TROINA. ADERNO' di
Giovanni Paterno Castello, con 125 illustrazioni.
35. FOLIGNO di Michele Faloci Pulignani, con 165 illustraz.
36. L'ETNA di Giuseppe De Lorenzo, con 153 illustrazioni.
37. ROMA. Parte I. di Diego Angeli, con 128 illustrazioni.
38. L'OSSOLA di Carlo Errerà, con 151 illustrazioni.
39. IL FUCINO di Emidio Agostinoni. con 155 illustrazioni.
40. ROMA, Parte II. di Diego Angeli, con 160 illustrazioni.
41. AREZZO di Giannina Franciosi, con 199 illustrazioni.
42. PESARO di Giulio Vaccaj, con 176 illustrazioni.
43. TIVOLI di Attilio Rossi, con 166 illustrazioni.
44. BENEVENTO di Almerico Meomartini, con 144 illustraz.
45. VERONA di Giuseppe Biàdego. con 174 illustrazioni.
46. CORTONA di Girolamo Mancini, con 185 illustrazioni.
47. SIRACUSA E LA VALLE DELL'ANAPO di Enrico Mau-
ceri, con 180 illustrazioni.
48. ETRURIA MERIDIONALE di Sante Bargellixi, con 168
illustrazioni
TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
Serie Artistic Italy
RAVENNA by Corrado Ricci.
VENICE by Pompeo Molmenti. Translated by Alethea Wiel.
TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA
Das Kunstland Italien
VENEDIG von Pompeo Molmenti. Deutsch von F. I. Bràuer.
TRIEST von G. Caprin. Deutsch von F. I. Bràuer.
DER GARDASEE von Giuseppe Solitro. Deutsch von F. I,
Bràuer.
COLLEZIONE
di
MONOGRAFIE ILLUSTRATE
Serie I.a - ITALIA ARTISTICA
48.
ETRURIA MERIDIONALE
1
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SANTE BARGELLIN]
ETRURIA MERIDIONALE
CON L68 ILLUSTRAZIONI
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BERGAMO
ISTITUTO ITALIANO D'ARTI GRAFICHE - EDITORE
1909
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Ofììcine dell'Istituto Italiano d'Arti Grafiche - Bergamo
INDICE DEL I ESTO
Anguillara
l'i. strilo
acquedotto di Traiano ........
Bonricovcro
Bracciano ............ 's. 82
Castello Orsini .......... 82
- (Lago di) iv. >6
(. lapranica di Sul ri 103
Casa dove alloggiò il Petrarca . . ,116
s. Francesco 103
Madonna elei Piano US
Monumento degli Anguillara . . . .104
Ospedale 112
( Irocicchie . 18
Giustiniana . 30
Grotta Campana , 42
Isola Farnese 31
Lago di Bracciano ls
Maccarese .56
Ponte Molle . . 18
Sepolcro di Nerone 2C)
Storta
Siiti!
.141
( lasale dei I ....
i atacombe o S. Già
( "ii i > i a di S. !M • a
I >uomo .
< frotta d'« )rlando ........
— Madonna del Parto .
S. Maria Assunta ......... 12i
l'ala/./. > di ( ! i rio Magno . . . . . . 1 ',■>
- Porta Vecchia ..........
- Tombe etrusehe .
Villa Savorelli ........ 130, Ul
Torre delle Cornacchie
Tre vignano
— Castello Orsini ..........
— S. Maria Assunta ...... ,""
Veio
Via Cassia 27
Vicarello . .75
INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI
Anguillara :
Castello Orsini 63
— La rocca .65
— Parte interna 63
Cattedrale — Madonna della Torre ... 64
Emissario del lago 62
Mura di S. Stefano — Particolare .... 32
— Veduta generale 49
— vedute da un lato 51
— Interno . 54
Mura di S. Stefano — L'n lato ..... 55
Panorama . ^5
— con veduta del lago 58
— da levante . 5Q
— dal lago 57
Porta del paese ........... 5o
Rudere di un' antica villa romana, poi Con-
vento di S. Stefano 50
Strada principale 60
Veduta di due strade ol
ÌNDICE DELLE ILLUSTRAZION]
Bracciano :
• elio ( )rsini 85
Affresco di Antoniazzo Romano .... 88
Particolare 89
Braciere in ferro battuto UH
Bronzino: La famiglia Medici (quadro già
nel Castello) 98
I Insto del card. Orsini 99
— Busto d'Isabella Orsini 99
- Caminetto 100
Cassoni 102
- Cortile . . 91
— Cucina .91
Inginocchiatoio in legno 102
— Ingresso . 87
Letto siciliano . 100
- — Particolare 101
- Loggia nel cortile ..... ... 90
Portacatino in ferro battuto 101
Ritratto d'Isabella Orsini nubile ... 98
Sala dell'Impresa 92
- Affreschi degli Zuccari . . .94, 95
— Sala del Trittico 92
Sala detta del Pisanello — Affreschi . . 97
— Sala Rossa 93
Sala di ricevimento 93
- Soffitto della Sala nuziale (Zuccari) . . 96
— Soffitto della seconda Sala ...... 96
— Torre della Tortura 83
— Veduta della via principale del paese . 84
Il lago 82
Panorama 83
Capranica di Sutri :
Casa dove alloggiò il Petrarca 118
— Montenero 115
Chiesa della Madonna del Piano . . .111
— Morte della Madonna (Zuccari) . . .113
— Nascita della Madonna (Zuccari) . . .113
Chiesa delle Grazie ......... 114
Chiesa di S. Francesco — Monumento ai
conti Anguillara 109
— — Parte centrale . 108
— — Parte superiore ........ 109
— S. Antonio (affresco) ... .... HO
Chiesa di S. Maria - Tabernacolo . . .112
Le grotte 104
Nosocomio — Architrave . . . . . .117
— Porta . 116
Panorama 103
— da levante 105
Porta del Castello Anguillara ..... . 107
Via di sotto le mura ... . . ,106
Isola Farnese:
Camposanto e valle del Cremerà . 27
Cascata e mulino sul Cremerà 29
L'( Jspedaletto ....... .... 26
Palazzo baronale 24
Panorama 23
Porta del paese 25
Via della Mola e Palazzo baronale .... 28
Roma :
Buon Ricovero . 21
Giustiniana — Una strada 21
Piazza del Popolo 14
Ponte dell'Acqua Traversa 18
— Milvio e torrione 16, 17
Porta del Popolo — Case dei trogloditi . . 15
— dall'esterno 148
Tomba di Nerone . . ....... 19
Torre delle Cornacchie ........ 20
Via Trionfale — Casale . 22
Sutri :
Anfiteatro 147
Antico Borgo . . 137
— Mura 137
— Ruderi 125
Avanzi della chiesa di S. Fortunata . . .133
Casa Capotondi 123
— del poeta Anguillara . 123
-— di Pilato e delle Maestre in piazza S. Fran-
cesco 122
Casale Francocci .... ..... 141
— Le mura . 134
— Ruderi della chiesa di S. Stefano . . .140
Chiesa della Madonna del Parto - - Affre-
schi 142, 143
— Esterno 133
— Interno 133
Chiesa delle Monache — Visita di Gesù alle
sorelle di Lazzaro .143
Columbarium sopra alla Mola ..... 138
Duomo . 131
— Altare del sec. XVI . 132
— Campanile e Porta Vecchia 126
— La cripta 131
— Pittura bizantina 130
Grotte della Mola 133
Mura e Porta delle Piazze .129
Ospedale e mulino elettrico ... ... 1-9
Palazzo Comunale — Sala capitolare . . .128
— Sfinge 128
Panorama 120
Piazza della Rocca . ... 124
INI >l< F MIN IU.USTN \/l' i
Piazzi littorio E manuale .
Ponto tulli \ i;i <ii ni 1 1 .
Porti Ri 'Mi.i n.i
Verrina ......
Rocce tufoniche «• eminario .
R udei i del pa lo • o del to di Cirio M
.1 eofftgo In pie i I, I ra nceico
T< 'ini ie ri i n tene b Fonte Fogl iel tu .
nelle Via i i tia ........
Via di P( >i i .i M oroni «• Te il a «li Mulo
\ i Ila Sa\ 01 l'Ili
Chiesa ......... .
Panorama
Trevignano :
( lapanne sulla via di I tracciano
* .i ie rust iche a 1 poi I o
Chiesa di S. Maiia Assillila Affi
— - Particolare di dipinto
Transito della Vergine
— — Particolare
— Trittico bizantino
Panorama ....
Porta del paese e il diruto Castello
Rocca Orsini dall'alto . .
— Mura .........
— Ruderi ... . ...
1 ! '
.•I
27
i
i i
VciO :
del Po
< olumbarium .
1 ' ■
i o io di 1
lllti Tip) ,
Parti
romba etnisca ,
i
Po la statua di 1
Mon . .
Mura dalla parte nord
— della l'orla < lapena
Ponte Sodo .....
Toi re di ( lasalotto . ...
Vicarello :
Stabilimento termale ...
Viale dell'Istituto Germanico . .
Vigna Grande . ....
— Ruderi di bagni romani .
Villa dell'Istituto Germanico
Villa Grande — ingresso
78, - .
76
ETRURIA MERIDIONALE
arco Terenzio Varrone, che morì 27 anni prima di Cristo, diceva già che
Roma era così piena di statue che un altro popolo di marmo, aguale
nel numero, guardava immobile passare il popolo vivo, giù per le
piazze e le vie.
E Roma, a quell'epoca, era ben lontana dall' aver raggiunto il massimo del suo
splendore monumentale. Che cosa avrebbe detto il vecchio e buon bibliotecario di
Augusto se avesse potuto veder poi la Roma del tempo di Costantino o quella che
Claudiano accennava ancora, nei suoi versi un po' enfatici, agli sguardi meravigliati
di Onorio ?
Riprendendo il paragone noi potremmo dire che un morto popolo di città se-
polte giace ora presso o sotto le vive città d' Italia. Dovunque il piccone dello sca-
vatore o la zappa del contadino o il suo aratro si affondino appena un poco di più.
subito balzano allo sguardo dell'artista e dell'archeologo o fittili vasi dipinti, o bronzi
di egregia fattura, armi, suppellettili, statue, o intiere città sepolte, come l'etnisca
Marzabotto, e la cui storia giunse a noi, secondo l'espressione del Xiebuhr, 0 simile
a tocco di campane di città sprofondate nel mare ».
Tutti gli abitanti della vasta terra sono figli del passato, ma questo passato non
lasciò in nessuna parte di essa tanti tangibili segni quanto da noi e di tutti i vari
popoli — Liguri, Italici, Umbri, Pelasgi, Campani, Bruzzi, Lucani, Veneti — : nessun
popolo d' Italia, tranne il Latino, ci lasciò tanti ricordi di vita e di civiltà quanto il
popolo etrusco. Misterioso popolo che dalle Retiche alla Campania occupò, un tempo,
la maggior parte d'Italia e la cui lingua misteriosa ed inintelligibile costituisce oggi
il problema più passionale della moderna filologia.
I]
ITALIA ARTISTICA
siamo infatti riusciti a decifrare i geroglifici egiziani e le scritture cunei-
mi di Babilonia e di Ninive, ma le iscrizioni etnische 1 attendono ancora il loro
Champollion e contengono per noi del pensiero fossile. Si potrebbe dire di esse quello
ROMA — PIAZZA DEL POPOLO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
1. Quando io parlo d' iscrizioni intendo qui accennare ad iscrizioni che non si limitino alle più semplici funerarie,
ma sibbene a quelle che possano offrire un accenno ad importanza letteraria. Iscrizioni come questa: Pup Velimna
Ali. Cullati al (Publio Volumnio figlio di Aulo nato da Cafazia) sono facilmente interpretabili, ma fanno avanzare il
pensiero umano ben poco verso la risoluzione di questo problema linguistica cui si riattacca così strettamente il pro-
blema delle origini di Roma.
Nò tutto è veramente tenebra nel linguaggio etrusco, ma il conoscere il valore di alcune parole e di alcune espres-
sioni non ci dà pur troppo alcun diritto a crederci sulla via di una più larga interpretazione di questa lingua, né più
né meno che il conoscere una ventina di vocaboli di una lingua dia il diritto ad un individuo di credere di conoscere
la lingua stessa.
Intanto, ed unicamente a titolo di curiosità, offro qui al lettore un esempio di qualche parola etrusca : pitia =
moglie ; sec z= figlia ; clan z= figlio ; vii z= anno ; tivr = mese ; e = e ; hipiice == mori ; amee = era ; eca siithi oppure
mi suthi o anche semplicemente mi =z qui giace ; Fufluiis = Bacco : Tina = Giove ; Uni z=z Giunone ; Usti = Sole :
Tiv =2 Luna; Sethlans = Vulcano ; Turali = Arenere : Turmus = Mercurio : ecc.
Sino ad ora non si conosceva alcun brano di letteratura etrusca e questo era uno degli argomenti per Ja mancata
interpretazione. Tutto quello che possedevamo erano iscrizioni funerarie, elenchi di nomi ecc. Ma nella fine dello scorso
secolo fu, nel Museo di Agram in Austria, scoperto che la tela avvolgente una mummia egiziana era tutta coperta di
caratteri etruschi. Noi abbiamo cosi un vero brano di letteratura etrusca: ma nonostante gli studi dei dotti la inter-
pretazione sicura ci sfugge per il momento. Ecco un esempio del testo etrusco in questione :
ceia Ina et nani ciz vacl trin velthre
male ceia hia etnam ciz vacl ais vale
male ceia Ili a tvinth etnam ciz ale
male ceia hia etnam ciz vacl vile vale.
PORTA DEL POPOLO CASH DEI TROCI.OM I I.
(Fot. I. I. 'l'Art: I
PORTA DEL POPOLO — CASE DEI TROGLODITI — INGRESSO.
(Fot. I. I. d'Art: Granché.»
Il
ITALIA ARTISTICA
elio l'illustre archeologo Boni diceva — con tanta poetica vivacità — de' pozzi del-
l'epoca repubblicana scoperti nel Foro: « Essi sono de1 plichi suggellati da 2500
anni ». — Ma se que' pozzi repubblicani poterono essere scavati e ci dettero tutto
il loro segreto di suppellettile stratificata dall'uso secolare, il linguaggio etrusc
un plico suggellato da ben più forti suggelli ed attende ancora la mano potente
che T apra.
PONTE MILVIO E TORRIONE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Modesto, ma appassionato, cultore di archeologia etrusca, io avevo sperato, so-
gnato, di poter ripetere per questo volume dell'Italia Artistica il viaggio che l'inglese
George Dennis l fece, or sono oramai sessant'anni, attraverso tutte le principali città
etnische d'Italia. Poi, visto che la materia avrebbe oltrepassato infinitamente i limiti
1. Di questa opera, che è forse la più geniale e la più adatta ad un principio di studi d' etruscologia, veniva ulti-
mamente ristampata un'edizione economica nella collezione inglese: Everymciìi's library, cdited by Ernest Rhys.
Ma l'opera non conteneva di nuovo altro che una dotta prefazione del prof. W. Ni. Lindsay. Troppo poco in con-
fronto a tutto il nuovo materiale di studi !
Io credo che poche cose sarebbero così utili all'incremento di questo ramo della scienza archeologica come il ripe-
tere adesso il viaggio di George Dennis, corredando l'opera di un vasto materiale fotografico e di tutto il nuovo sussi-
dio scientifico che si è venuto accumulando in oltre mezzo secolo di attività archeologica. Un' opera così onorerebbe
l'editore che l'intraprendesse e dovrebbe avere anche un successo pecuniario perchè essa offrirebbe una triplice attrat-
tiva : archeologica, storica ed artistica.
I i ri i:i \ MIklhH ).\.\l.l
K
di questa pubblicazione, volli ridurre II mio itinerario ali •
più fuori di mano ; quelle dove nessun fis< hio di I
1,111, in/. i, quelle dove non passa nessun touriste, dovi non ente <
Ispettore «li scavi ministeriali <• che sono issiduamen li arch
PONTE MILVIO — IL TORRIONE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche .
logi inglesi, americani o tedeschi e da qualche occhiuto e rapace scavatore che lavora
per conto proprio a depauperare ogni giorno di più questa miniera d'arte che è il
sottosuolo d'Italia.
Ma anche questo itinerario eccedeva i limiti di questo testo ed io finii col ras-
segnarmi a circoscrivere il mio viaggio tra le rovine sconsolate della morta Veio, i
vecchi ma sorridenti paeselli del lago di Bracciano, Capranica, e Tanti chissima Sutri,
porta d'Etruria.
Non ebbi a pentirmene perchè mi trovai ad aver guadagnato in intensità quello
che potevo aver perduto in vastità di osservazione ; spero non avrà a pentirsene
i8
ITALIA ARTISTICA
nmeno il lettore se vorrà seguirmi attraverso questi pochi paesi di quell'Etruria
si dette il nome di Meridionale per distinguerla dall'altra, ancora più a sud, che
prende il nome di Campaniana.
Il cielo era grigio; il grigio cinereo delle brutte giornate di Roma, ma nell'a-
nima mia c'era il sole. Nessun piacere e nessuna gioia equivalgono al momento della
partenza per un viaggio d'arte in chi ha nel cuore l'amore per questa serena e mul-
PONTE DELL'ACQUA TRAVERSA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
tivola dea ; ed io dopo essermi infilato gli stivaloni da caccia, passato — come un
buon tedesco — il mio sacco da viaggio sul dorso e — come un buon italiano —
il mio fucile ad armacollo scesi le scale della mia casa, percorsi lo scenario solenne
di Piazza del Popolo e dopo aver traversato Varco che la supina e volpina servilità
di Alessandro VII innalzò al fausto felici ingressui della brutta pazza voluttuosa e
delittuosa Cristina di Svezia, presi la strada per Ponte Milvio.
A piedi : perchè strada facendo volevo vedere lì, a mezzo chilometro dalla porta
principale di Roma e in questo anno 1907, il paese dei trogloditi, nella sua piena
fioritura di vita.
Il mio geniale amico Ugo Fleres ha già parlato in uno di questi fascicoli — La
l l r i r I \ MEKII >i< >NALF
( Campagna Romana «li qu< sti pov( ri pop >lani i he
la moglie e i figli .sul lastrico antico, ma incomodo, «li I '
In queste grotte che il tempo e i pastori •> i malandi nel tu t- « n
facile di questi monti Parioli. E li i nno, vivendo tu
TOMBA DI NERONE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche .
dei loro pochi stracci in quegli antri anneriti dal fumo de' loro poveri focolari ; senza
finestre, senza porte, veri trogloditi smarriti in questa triste alba di secolo XX.
Più infelici, però, dei veri trogloditi, quelli che Tolomeo dice abitassero il golfo
Arabico e che Plinio descrive come coperti solo da una pelle di montone a metà
corpo, anch' essi abitano nelle anfrattuosita del terreno e nelle caverne, anch' essi sono
20
ITALIA ARTISTICA
de' cavernicoli appena vestiti, ma qui finiscono i punti di somiglianza. Dove Strabone
comincia a parlare e dice che essi non coltivavano la terra ma vivevano di pastura,
e che si nutrivano di carne triturata e arrostita nella pelle della bestia stessa, e che
bevevano latte.... allora i termini di paragone divergono, e i veri trogloditi appaiono
infinitamente più felici di questi.
UJk**
\ :t
% ? ì
•i.
.* *
**j
TORRE DELLE CORNACCHIE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Mai mi parve che la miseria avesse con atto più significativo dimostrato quanto
ancora noi siamo rimasti fedeli all'egoistico canone deìV/iomo homini lupus e quanto
cammino noi dobbiamo ancor fare prima di raggiungere un'era che possa chiamarsi
civile senza suscitare, ogni volta che questo aggettivo vien pronunciato, il sorriso
•o la bestemmia.
GIUSTIN1 \N.\ — UNA si RADA.
(Fot. 1. I. L'Art ' ,-
RwFi A ì * *
IBI
BUON RICOVERO.
(Fot. I. I. d'Arti Grar.
22
ITALIA ARTISTICA
VIA TRIONFALE — CASALE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Ministri, deputati, cardinali, senatori, dame, banchieri, automobili, equipaggi e
cavalieri, passano e ripassano ogni giorno dinanzi a quel rimprovero vivente ; tutti
hanno una parola di compassione, tutti si buttano la colpa l'uno addosso all'altro,
tutti fanno elegantemente il giuoco che noi toscani chiamiamo dello « scarica barile »
e tutto si perde nell'aria come il fumo puzzolente de' loro automobili o (se il para-
gone vi spiace) come il fumo odoroso e lieve delle loro sigarette.
Arrivato a Ponte Molle io me ne andai comodamente e romanamente a sedere
ad un'osteria che è il ritrovo e la fermata obbligatoria di tutti i cacciatori di quella
parte.
Aspettavo la sconquassata diligenza che doveva portarmi al casale della Storta
donde intendevo andare a piedi sino al povero villaggio dell' Isola Farnese per per-
nottarvi ed essere il giorno di poi all'alba pronto per la mia escursione di Veio.
Il vino de' castelli romani — così traditore nel suo chiaro colore di puro oro
liquido ! — splendeva nel mio bicchiere ; sotto i raggi del sole meridiano anche le
ombre giallastre del Tevere si accendevano di aurei sprazzi mobili e svarianti tra il
verde delle ripe ; e la fantasia di un poeta e i ricordi di uno storico avrebbero, guar-
dando quel Ponte Milvio, ora vigilato da goffe, pietose e brutte statue di santi ed
apostoli, avrebbero, dico, potuto andar ben lontano. Dall'epoca in cui i Romani nel
645 di Roma rifacevano in pietra questo ponte, che fu prima un ponte snblicius,
M KIKIA MI l'.lhl' > \\.\-.
cioè un ponte sui pali come tutti '.'li altri, sino a qu< • .
passa il tram elettrico, questo ponte, di cui rimangono
«li costruzione romana, ne ha vista passar della storia topra di
equivarrebbe .1 voler quasi riassumere la storia «li Romal
Qui nel ì< ■ , a. I Ir, 11 pop* >1< 1 r< >man< 1 corse ln< mf r< » a ■ I 1 he
uova della vittoria dei consoli I (audio Nerone 1 \l. \ \\ 0 Sai •
.il Metauro. Che giorno dovette esser quello per la g Rom ' Vi ricord I
pisodio? Tito Livio l'ha raccontato in pagine che non si dimenticar bene l<
sui banchi del liceo tanti e tanti anni fai 11 console ( laudio Nerone •
dinanzi ad Annibale, .1 Metaponto, giù nella I alabria. Asdrubale era dalla Spai
passato per Li Provenza <• le Alpi e sceso in Italia. Cercava unirsi
mandò, per dei cavalieri numidi, delle Lettere d' intesa. Furono ini teda
n>ni. mi, tradotte dall'interprete. Il console Claudio Nerone p un colpo 1 une
audacia, non ha torse l'eguale nella storia della guerra: lasciare meta del
«ito attendato dinanzi ad Annibale; partire di notte tempo con l'altra •
.1 marcie Forzate sino al Metauro, unirsi all'esercito romano accampato dinai -
Asdrubale, battere con le forze riunite Asdrubale, correre con tutte le forze r<
vittoriose a raggiungere la metà dell'esercito lasciato accampato dinanzi ad Anni-
bale, battere anche lui, liberare Roma e l' Italia da questo incubo mortale cartagi
Mai Roma passò ansie così angosciose come in quei giorni! E se Annibali
ISOLA FARNESE — PANORAMA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche».
24
ITALIA ARTISTICA
va dell'inganno? Se con tutto il suo esercito piombava addosso all'esercito
ridotto a metà? Se in questo tempo Asdrubale attaccava battaglia, vinceva, e poi
vittorioso piombava addosso alle truppe di Claudio Nerone, poche e disfatte dalle
terribili marce ? Insomma si capiva che l'opinione pubblica aspettava l'esito delle
cose per inalzare Claudio Nerone alle stelle, o precipitarlo dalle (ìemonie. Ingiustizia
delle ingiustizie! dice Livio.
Ma Claudio Nerone giunse all'accampamento dell'altro console romano attendato
dinanzi ad Asdrubale ; Asdrubale vedendo i soldati nuovi sopraggiunti pensò che
ISOLA FARNESE
PALAZZO BARONALE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
l'esercito romano accampato dinanzi ad Annibale fosse venuto via. Questo voleva
dire che c'era stato battaglia e che Annibale era disfatto. Volle fuggire, e non potè.
Le duplicate forze romane gli furono sopra e a lui non valsero ne l'aiuto dei suoi
galli, né quello dei liguri [gente che si batte ! nota Livio), né quello dei suoi elefanti
che simili a navi in tempesta ondeggiavano tra le file qua e là, e poi volti in fuga
venivano uccisi da i loro stessi guidatori con uno scalpello confitto nella cervice da
una martellata.
Fu tutta una fuga ! Asdrubale ucciso ; e gli fu tagliata la testa, salata, e poi
gettata nel campo d'Annibale quando, dopo pochi giorni, le riunite forze romane gli
furono tutte di fronte. « La sorte di Cartagine è tratta ! » si vuole esclamasse il
I l RI [RIA MEKI1 >I< >NAI F
vecchio africano, E co d tu. Ma quando la notizia d< Ila del
Nerone giunsi .1 Roma, nessuno ci voleva credere, rroppo bell< Po .-
< ,,\ alieri mandati con lettere .il senato, i«- lettere furono leti
un popolo frenetico di gioia e i>«»i tutti cors< 0 n «ini.
ISOLA FARNESE — PORTA DEL l'AESE.
il", t. 1. 1. d'Arti Grafiche).
ad incontrarvi i legati che dovevano confermare con le loro vive parole le scritte e
che avrebbero raccontato e descritto la vittoria, la grande vittoria.
L'anima si accende a questi ricordi e questo sole che tramonta sulla vasta pia-
nura romana sembra come un riflesso della trascorsa gloria della patria.
E quanti altri ricordi potrebbero salire su dalla mente dello storico guardando
ITALIA ARTISTICA
,*&*"
s^Sfe^P^
ISOLA FARNESE — L'OSPEDALETTO
.^^Hfè^
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
questo ponte ! Qui, per ordine di Cicerone, furono arrestati una parte di quegli Al-
lobrogi che avevano preso parte nel 64 alla congiura di Catilina ; qui, a poche mi-
glia, fu la battaglia di Costantino e Massenzio ; di qui passarono i barbari del nord
alla gioia del saccheggio, e poi — quando Roma fu spenta e tra i ruderi colossali
degli anfiteatri diruti, delle terme abbandonate, dei templi disertati, i nepoti dei con-
soli romani passarono col capo raso e avvolto il corpo in neri sacchi, litaniando —
questo ponte fu, nei secoli IX e X, l'estrema stazione cui giungevano le lamentose
processioni dei monaci. Se fosse vero che le ombre dei grandi trapassati hanno in ri-
compensa delle benemerenze patrie il dono di assistere, non veduti, al continuare della
vita nazionale.... con quale triste sorriso l'ombre di Claudio Nerone, degli Scipioni e
di Cesare avrebbero riguardato i loro nipoti, clero, ottimati, milizia, popolo, dame,
recarsi nel 799 incontro ad un barbaro che veniva a farsi incoronare imperatore ed
al suo longobardico nome di Carolus aggiungeva l'appellativo di Magnus ! « simul
omnes connexi ad Pontem Milvium eum cum signis bandis et canticis spiritalibus
susceperunt ». Così l'Urlichs.
Questo ponte fu, per tutto il Medio-Evo, come l'antiporta romana. Qui si man-
da vano i legati a parlamentare con gli eserciti invasori, di qui passarono Enrico VII,
Sigismondo, il terribile Nicolò Fortebraccio, Carlo Vili e cento altri. Durante tutto
il Medio-Evo esso fu guardato da una grande torre, un « Tripizone », della quale
ETRI l'I \ IM'M H' >\AI F
[SOLA FARNESE - CAMPOSANTO E VALLE DEL CHEMI.I;\.
(Fot. I. I. «l'Arti Grafiche).
ora non si conserva più traccia.... Tale qual è adesso, fu rifatto dal francese Yaladier,
in occasione del ritorno di Pio VII dall' incoronazione di Napoleone.
Ma la sgangherata diligenza che io aspettavo (era arrivata con un'ora di ritardo
e quella non era che la prima tappa !) s'avanzò finalmente ; e finalmente riprese la
sua corsa fragorosa, ma non precipitosa, per i selci ineguali della Via Cassia, una
delle io vie l che formavano intorno a Roma come una raggiera che la metteva in
comunicazione con i più lontani e remoti paesi d'Italia e d'Europa.
La Via Cassia, dunque, costruita nel secolo VII di Roma, e probabilmente così
chiamata dal nome del suo ingegnere, dopo aver salito una delle lacinie di Monte
Mario, discende sino ad un ponticello, celebre negli odierni ritrovi per la caccia alla
beccaccia, e rimonta poi risolutamente su di un alto e spazioso ripiano di prati er-
bosi vasti, cullati, solitari. Noi siamo adesso in piena campagna romana. Di tanti
autori che ne hanno descritta la solitudine piena di poesia e così suggestiva di me-
morie io non conosco nessuno che abbia trovato per lei espressioni di così intimo
sentimento come un figlio delle steppe dell'Ucraina : Nicola Gogol.
Parlando del suo giovine eroe, un principe romano che ha fatto la sua educa-
zione a Parigi, e che tornato a Roma rivede la sua patria con un senso nuovo di
ammirazione, Gogol dice :
1. F.cco i nomi: Appia, Ardeatina, Aurelia, Campana, Cassia, Claudia. Flaminia, Labicana, Latina, Ostiense. Por-
tuense, l'rcnestina, Nomentana, Salara, Tiburtina, Valeria.
28
ITALIA ARTISTICA
« Spesso egli lasciava la città per vedere i suoi dintorni, ed allora lo colpivano
altre meraviglie. Bellissimi erano questi muti, deserti campi romani, seminati di
ruderi dei tempi antichi, con una quiete inesprimibile stendentesi tutt' attorno, ora
fiammeggianti dell' oro compatto dei fiori gialli fusi insieme, ora risplendenti del
colore di carbone arroventato, per le foglie rosse del papavero selvatico. Essi offri-
vano quattro vedute mirabili ai quattro lati. Da uno si univano addirittura coll'oriz-
zonte, con una linea decisa eguale : gli archi degli acquedotti parevano ritti sull'aria,
e come incollati sullo splendido cielo d'argento.
ISOLA FARNESE
VIA DELLA AIOLÀ E PALAZZO BARONALE.
(Fot. 1. 1. d'Arti Grafiche).
« Dall'altro — sopra i campi — folgoravano i monti ; senza spingersi in alto im-
petuosamente e deformemente, come nel Tirolo o nella Svizzera, ma ripiegandosi
e abbassandosi, con linee armoniose, nuotanti, irradiati da una mirabile serenità
dell'aria, essi erano pronti a volare nel cielo ; al loro piede correva rapida la lunga
arcata degli acquedotti, simile ad un lungo imbasamento, e la cima dei monti pa-
reva una continuazione aerea dell'edilizio maraviglioso, e il cielo sopra di loro non
era più d'argento, ma del colore ineffabile della lilla primaverile. Dal terzo —
questi campi s'incoronavano pure dei monti, i quali già s'innalzavano più vicini e
più alti, sporgendosi più forte con le file anteriori, e con gradini leggeri dileguan-
dosi nella lontananza. In una mirabile gradazione di tinte li involgeva la sottile
I | RI I' I \ MI KM »l' >! \ll'
«, aria cerulea ; e attrae « rso qu< ito l< to velo aer( imi i i
,, ^sibili le case e le \ [Ile di Fra» ati, ora t<
,, melile. , »ra dili .'li mi : nel chiari i nembo delle ■■• lv( I
h lontanamente tra il pulvi* ol< >. Quando poi i ad un
« allora gli si offriva il quarto lato della veduta : i campi Hi
., Splendeano decisi e chiari gli angoli e le linee dell< delle -
« le si. ituc «li San Giovanni Laterano e la m cupola 'li San
ceva \ ia \ [a più alta, .1 misura < he ci si .ili .1 da
ISOLA. FARNESE — CASCATA E MOLINO Sl'L CREMERÀ.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche >.
« imperiosamente sola sopra tutto il mezzo orizzonte, quando già affatto si era na-
« scosta tutta la città ».
Davvero che solamente l'anima di un pittore della parola, di un poeta, del quale
i russi dicevano che né il cielo né l'inferno bastavano al suo pennello quando si
metteva a dipingere, poteva riuscire a rendere così il fantasma poetico della campa-
gna romana !
La Cassia prosegue sul vasto altipiano muto e verde, e solo di quando in quando
o una tomba romana o qualche solitario e massiccio casale agricolo o qualcuna di
quelle torri baronali delle quali furono piene Roma e la campagna romana nel Medio-
Evo, arrivano a romperne la linea vasta e solenne.
Così s'incontrano via via il così detto Sepolcro di Xerone, la cui iscrizione ci
30
ITALIA ARTISTICA
MM^»*J5 Js»
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VEIO — < ETIAM PERIERE RUINAE >.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
avverte invece essere un sepolcro del II secolo dopo Cristo, eretto da una Vibia
Maria Maxima in onore di suo padre P. Vibius Marianus e della madre Regina
Maxima, e s'incontrano poi i casali di Bonricovero e della Giustiniana e la Torre del
IX miglio, detta anche Torre delle Cornacchie.
Tutti e due questi nomi sono corrispondenti al vero, e questa vecchia torre co-
struita a fascioni di cunei di selce bianchi e neri è il sicuro e frequentato albergo de'
tristi neri e gracidanti uccelli della campagna romana. Quand'io vi passai, il sole
calava in un lago di oro di sangue e di nuvole nere ; un vasto stuolo di cornacchie
andava, veniva, roteava, gracidando, in larghi voli attorno alla torre, e la campagna
desolata e quel tramonto e quegli uccelli di morte, tutto serviva a dare al paesaggio
queir aspetto tragico che sembra come un riflesso ed un simbolo della Storia
di Roma.
Ancora pochi minuti di trotto e la diligenza si ferma al piccolo e povero pae-
sello della Storta. Un tempo questo luogo aveva una certa importanza perchè esso
era l'ultima stazione e l'ultimo cambio di cavalli per chi, venendo dalla Toscana per
la Cassia, andava a Roma ; ma ora, nonostante che là presso ci sia la fermata ferro-
viaria della linea Roma-Viterbo, il luogo ha certo perduto d'importanza e serve solo
per il movimento rurale.
Io sapevo che, dalla Storta, una scorciatoia mi avrebbe potuto portare in pochi
I I l'I I- l.\ MI [<IJ)I< »\.\l F
minili i .ili [s< »la I'.uik" «■ ; iii.i l< • •! i* » | !■
dove v< ij potete talvi «Ita fare due o tre - »re di trad i
cui domandare se andate b< ne o male, \ irdate Et campa ■
«li I 'asi .11 1 Ila
< ) il. nulo Pillo un li m |>'>' I il' »i <!
dice : l 'iàmo pe' li eoi tato
\ii, Nino ! dico, - i non è
bada che non u iclmo più de' fòi
m a, dice, annànv »! non i \ <•' patii
( le \ pimi a caccie pe' la ( 'a ndeloi a I
E ami. uno. Beppe mioi che fregatura!
Staaaimo pe' la macchia^un frego d'orai
Non volevo che accadesse a me qualchi i mile a quello Idi
pii ma disgraziati croi del racconto pascarelliano e mi presi una guida nella p
di un ragazzetto. Il quale appena fummo in vista del solingo ed ermo villagj
d1 [sola Farnese mi lasciò più che in fretta dicendomi che aveva paura, venendo fin
là. di incontrare il padrone.
— E perche hai paura ?
VEIO — LE COLONNE DEL PORTICO, ORA A ROMA IN PIAZZA COLONNA.
(Fot. I. I. d'Arti GrafìcheV
3^
ITALIA ARTISTICA
rete, ieri l'altro ci rubarono cinque vacche.... e se ora mi vede a spasso....
E io continuai, solo, la mia strada pensando a quanto c'era ancora di primitivo
in questo paese dove dopo un 25 secoli di civiltà gli uomini dormono alle porte della
città come i cavernicoli dell'epoca quaternaria e nella campagna la gente porta via
le vacche, come se fossero fazzoletti.
Arrivai dunque solo a questo strano paese che si eleva tutto su di un comignolo
isolato di pietra vulcanica. Ero stato avvertito che non avrei trovato da dormire,
ma anche qui, come in tanti casi della vita, ebbi luogo di riscontrare che le cattive
VEIO
MURA DELLA PORTA C A PENA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
lingue esagerano sempre. Trovai benissimo ; ma se non era il prete che mi accomo-
dava un lettino, rimastogli casualmente libero per l'assenza di un parente, tra i
banchi della scuola, quella notte avrei potuto dormire all'Albergo della Stelletta; al-
bergo economico ma non sempre comodo, specialmente in paraggi dove le vacche
vengono trattate così leggermente.
Dicono che il paese sia tutto o in gran parte fabbricato con i ruderi asportati
dalla vicina Veio ; la cosa appare non solo probabile ma certa quando si vedono
gradini dì case fatti da pezzi di colonne marmoree, e quando si vedono incastrati
nel muro, come materiali da costruzione, pezzi di statue, statue e gruppi intieri.
Il nome di Isola Farnese gli viene dalla sua speciale posizione che lo separa, lo
VEIO LUOGO OVE FURONO TROVATE LE COLONNE DEL PORTICO E LA STATI \ in riBERIO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
VEIO — UN'ANTICA PORTA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
34
ITALIA ARTISTICA
VEIO — IL MONTE DOVE ERA LA NECROPOLI.
isola, dai terreni circostanti e dall'essere stato anticamente un feudo della famiglia
Farnese. Ora il palazzo baronale, che si erge, brutto ma grande, sulle povere e me-
schine casipole, appartiene al marchese Ferraioli che lo affitta insieme ai terreni ad
un mercante di campagna, il comm. Sili.
Io mi recai a visitare il castello, il quale non offre, interiormente, nulla ; ove se
ne eccettui lo straordinario, ultra-pelasgico, spessore delle mura, la vastità nuda delle
stanze e la cortese e gentile accoglienza del comm. Sili. La cosa più interessante fu
la conversazione calma, intelligente, quella conversazione che io chiamerei romana,
del mio ospite. I romani, i veri romani, hanno, a mio parere, una conversazione che
non rassomiglia a nessuna di quelle degli altri abitanti d' Italia. E' una conversazione
che io chiamerei priva di ambizione. Non parliamo dei toscani che si servono della
conversazione come le belle donne si servono degli occhi, del sorriso, del seno ecc.
mettendone in vista, sotto gli occhi dell' interlocutore, tutte le finezze e raffinatezze
con una civetteria di bella ragazza senza dote ; non parliamo, per amor di Dio, dei
napoletani ; ma anche i piemontesi, i lombardi, i popoli insomma più evoluti e seri
d'Italia, tutt gli italiani, mettono nella conversazione, specialmente a primo incontro
una certa vanità femminile. Il romano mai ; egli si serve della parola semplicemente
come mezzo; non ne fa né un ornamento, né un'arma ed è perciò che la sua conver-
sazione assume sempre un carattere di placida serenità che le conferisce un'attrattiva
Ili-i l'I A Ml-Klhl' >N VI I
VEIO — IL FOSSO LI FORNELLO.
(Fot. I. I. d'Arti G
speciale. Uscendo dal castello io fui invitato dal medico, un gentile intelligente g -
vine, a fare insieme con lui una gita intima per il paese. Era oramai sera ; noi en-
trammo in una stanza, (ma dicendo così io sento di adoperare un eufemismo ironico !
dove al chiarore incerto, fumoso e graveolente di un lume vidi una delle scene più
strane di miseria che mai abbia veduto. Quella stanza, tutt'altro che grande, era lette-
ralmente coperta di letti, fatti di rami di alberi non secchi ancora e nemmeno sbucciati,
e su quei sei letti dormivano quattro famiglie di terrazzani, di contadini avventizi,
mariti, mogli, figli, figlie, bambini e bambine, tutti insieme. Poche dimande che io
rivolsi ad una giovine donna intorno ai pericoli di una tale promiscuità mi fecero
comprendere che quella gente aveva oramai in fatto di morale sessuale saltato il
fosso da un pezzo.... o anzi non c'era forse mai nemmeno arrivata.
— Ha visto, eh ? — mi disse il dottore uscendo. — Lei che scrive, racconti,
racconti come si vive a quindici chilometri da Roma.
— Scinda simplicitas ! — gli risposi con le parole di Mefisto ; — ma io ho ve-
duto ben di peggio a cinquecento metri dalla Porta del Popolo a Roma ! Io ho visto
i trogloditi, i cavernicoli....
— Ah ! è vero ! — disse lui sospirando.
— Cambiamo discorso, dottore! Doman l'altro a Spezia varano il Rojna. E' una
bella corazzata. Dicono che costi trenta milioni. E1 un po' cara, ma un popolo come
noi deve essere alla sua altezza, ne conviene?....
ITALIA ARTISTICA
E così parlando del più e del meno gironzolammo ancora un poco e poi an-
dammo a letto.
*
* *
La mattina alle 5 io ero già pronto e con la mia guida ci incamminammo verso
quella che era stata un giorno la più forte, più temibile, più tenace nemica di Roma ;
verso l'antica Veio, città della quale si può dire davvero, e con maggiore verità di
qualsiasi altra, che « ctiam periere ruinae ». Lucio Anneo Floro chiama i Veienti
VEIO — IL PONTE SODO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
<( assidili vero et anniversarii hostes » e mai infatti ebbe Roma, negli inizi della sua
laboriosa ascensione all'egemonia del mondo, una così costante, accanita, spaventevole
nemica come Veio. La lotta contro Veio comincia con la storia stessa di Roma, non
finisce che con la disfatta completa di Veio, dura oltre tre secoli e mezzo e sono
14 le guerre tra Roma e Veio che Tito Livio enumera nella sua storia.
Ma se grande era stata l'inimicizia, grande e vasta fu la vendetta, e di tutta questa
città, posta su di un altopiano splendido e naturalmente difeso, di questa città che
Dionigi di Alicarnasso e Strabone dicono eguagliasse nel circuito Atene e Roma, ora
non rimangono neppure i segni delle rovine; tanto che mai visita di touriste deve
■essere fatta con meno speranza di questa per non dar luogo ad un vero disinganno.
***8
-
ITALIA ARTISTICA
Raramente Lucio Anneo Moro è stato così esatto come quando parlando di Veio
egli si pone l'interrogazione retorica: Hoc lime Veli fucrr : quae reliquiac? quod
iguiìì!? — Di Yeio non rimane più nulla; non il rudero di un solo tempio, o le
mura della sua rocca; ma pure la gloria della sua storia illumina ancor tanto questo
luogo, che fu il baluardo e la gloria della potenza etrusca, che nessuno il quale si
occupi con amore di studi di archeologia, oserebbe venire a Roma senza pagare il
tributo di una visita al luogo dove sorse la sua fiera e sventurata avversaria.
VEIO — LE MURA DALLA PARTE NORD.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Io scesi dall' Isola Farnese, per una via di campagna, limitata a sinistra dal monte
e a destra dal profondo burrone in cui corre romoreggiando il Cremerà.
E questo fiumicello che, di là a pochi passi, dopo aver dato la forza ad un pic-
colo e povero molino, forma la cascata nella quale qualche storico, dalla fantasia un
po' lirica, ha voluto riconoscere il luogo di supplizio, la Rupe Tarpea, dei Veienti.
Noi saltammo irrispettosamente ma non senza pericolo — fummo obbligati a
saltare proprio sul ciglio della cascata e poveri noi se ci sdrucciolava un piede ! —
questo rivo sacro nella storia e ci trovammo sotto le mura di Veio. Le quali mura
erano, almeno nella loro parte inferiore, esclusivamente naturali.
Veio è circondata da due fiumi, il Cremerà e il Fosso di Formello ; col tempo
i due rivi hanno corroso la natura tufanica del terreno, hanno scavato il loro letto
I I KI'KIA MI l'Il >l< » .1 I
\ i.i \ i.i empn i >iù in I >as i< >. più nel pr< >f< >m l< i •
terreni » o >mpres< > tra i |ii< si i dui Fiumi di\ enti • un
ripari i i due fiumi e le alti l< >r< i ripi . che i n » mer;
qui ste mura, nat uralmen alte, la mano ind
■ • man >n< » ai R< 'in. un mi >di < temi di muratura p >i
unir' i art ificiali e cosi Veio, pò to su «li un ali ipiani i •
niva .ni avere una triplice difesa: i fiumi, le mura natui
VKIO — KSTER.NO DKLLA GltuiTA CAMPANA.
I. I. d'Arci Grafiche).
Raramente una città poteva essere più felicemente ubicata e la leggenda che
vuole che quando Roma fu distrutta dai Galli, i Romani pensassero di andar lì a
rifabbricare la loro città e solo ne fossero distolti dalla voce autorevole di Furio
millo, anche se non è vera, dimostra quanto i Romani apprezzavano la felice posi-
zione di Veio.
Passato il Cremerà io mi fermai un momento a vedere il luogo che il Dennis
segna sulla sua carta come corrispondente ad una delle porte di Veio e quindi in
pochi passi fummo sull'altipiano, sulle sepolte rovine di Veio. Rovine sepolte, che
potrebbero, con tanta utilità di studi, essere diseppellite !
Allorquando noi passeggiamo per questi muti campi, dove solo abita il pastore
vestito ancora di pelli pecorine come il suo progenitore etrusco di 2$ secoli fa. noi
ITALIA ARTISTICA
non dobbiano dimenticare che quest' assenza di ogni segno di passata grandezza è
soltanto apparente.
Appena che qualche scavo è stato fatto, subito sono balzati fuori dei miracoli
d'arce ; e qui furono trovate le dodici colonne che sotto il nome di Portico di Veio ador-
nano ancora la piazza più illustre di Roma e qui fu trovata la colossale statua di
Tiberio che è ora al Vaticano.
Ma gli scavi più recenti furono fatti qui nel 1889 da chi meno noi ci saremmo
aspettati : dall' imperatore del Brasile Don Pedro IL II conte Francesco Vespignani
VEIO
INTERNO DELLA GROTTA CAMPANA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
diresse gli scavi con una quarantina di operai, ma noi sapremo difficilmente quello
che fu trovato. La mia guida dice che trovarono molta roba; vasi, oggetti, un
mosaico che raffigura un elefante, cui sei uomini fanno passare un ponticello,
ììiolta roba! Che molta dovesse essere non si può dubitare quando si pensa che la
mia guida stessa, con i rifiuti degli scavi che egli acquistò per poche centinaia di lire,
riempì due grandi stanze di una vasta stalla, e che da quell'epoca in poi ha sempre
continuato a vendere agli inglesi teste, piedi, mani, braccia e ne ha ancora una mezza
stanzata piena ! Bisogna aggiungere, ad onore del vero e della mia guida, che tutto
quel materiale è fittile, mutilo e di un valore molto relativo.
Una delle pochissime cose dove a Veio sia rimasto il segno della mano dell'uomo
è il Ponte Sodo ; ma questi segni dell'opera umana sono così tenui che un osserva-
E i i:i [RIA MERIDIONALI
torc n-" diligi nte vi passeri bbe \ ■ i ■
cavata nel vivo sasso e fu probabiln* nte fatta dal V i i ide i
(i, acqua i he altrimenti avr( bbe loro Imp «li'" «li andari i ]
alla necropoli.
VEIO — GROTTA CAMPANA — PARTE SINISTRA. (Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Il soffitto di questa galleria è scalpellato a schiena di asino; vi si vedono ancora
dei fori, probabilmente di spurgo; e il luogo, contornato di alte erbe verdi, e di piante
dalle foglie espanse e molli, ha un insieme così umido, così triste e tetro che Dante
o Virgilio avrebbero potuto sceglierlo per X ingresso all' Inferno. Dall' altra parte del
tunnel è una sorgente d'acqua fortemente ferruginosa che deve possedere qualità al-
ITALIA ARTISTICA
icali e che potrebbe utilmente essere sfruttata, se dei poveri sfruttati come
gli abitanti di Isola Farnese potessen > mai pensare a sfruttare qualche cosa a lor volta!
I luello però che a Veio costituisce la più grande attrattiva, quello che fa sì che
il luogo sia ancora di quando in quando visitato da qualche touriste, e non mai di-
menticato da quanti si occupano con amore ed intelligenza di storia dell'arte, è la
(ridia ( \i in pana.
La ( irotta Campana è una tomba etrusca che fu scoperta nel 1843 dal marchese
Campana, e che ha preso il nome dal suo scopritore.
Gli Etruschi erano, come tutti sanno, un popolo che aveva uno straordinario culto
per i morti; essi scavavano le loro necropoli fuori delle loro città; mettevano solita-
mente i loro morti su dei letti tagliati nella pietra stessa, li ornavano delle loro armi,
dei loro gioielli, di tutti gli attributi che ne avevano caratterizzato la vita, posavano
per terra dei vasi dipinti, dei lumi di terracotta o di bronzo, come se la vita ultra-
terranea dovesse continuare ad avere le medesime necessità, adornavano finalmente
le tombe di fregi, di iscrizioni, di pitture.
II loro pietoso e ricco costume era naturalmente conosciuto, e allorquando la
potenza etrusca fu rapidamente cancellata dalla scena del mondo dalla rozza ma po-
tente mano dello stato Romano, allora i primi depredatori, i primi scavatori, e i più
fortunati !, dovettero essere stati certamente i legionari repubblicani. Dopo di essi ogni
popolo piovuto dai più strani deserti ad inondare i dolci campi d' Italia si sarà
certamente fatto un dovere di frugare ancora, nei paesi etruschi ove capitava, le
tombe più in vista delle necropoli, e quando finalmente il sole della civiltà tornò,
con l'umanesimo, a risplendere su di noi, allora la ricerca di queste tombe divenne
anche più accurata. Pure, tanta e così immensa è la quantità di tombe con la quale
gli Etruschi ridussero delle intiere montagne a qualche cosa di simile ad immensi
cupi e morti alveari, che anche adesso, oggi, a degli scavatori pazienti e sagaci non
riesce raro il caso di trovare qualcuna di quelle tombe che essi, nel laconismo del
loro stile archeologo commerciale, chiamano tombe vergini.
Noèl des Vergers neW Etrtiria et les Etrusques descrìve così l'impressioni provate
all'apertura di una di queste tombe : « Sur leurs couches funéraires, des guerriers re-
couverts de leurs armures semblaient se reposer de combats qu ils avaient livrés aux
Romains ou à nos ancétres les Gaulois. Formes, vètements, étoffes, couleurs, furent
apparents pendant quelques minutes, puis tout s'évanouit à mesure que l'air extérieur
pénétrait dans la crypte, ou nos flambeaux vacillants menacaient d'abord de s'éteindre.
Ce fùt une évocation du passe qui n'eut pas mème la durée d'un songe et disparut
comme pour nous punir de notre téméraire curiosité ».
Ora di tutto il vasto numero di tombe venuto alla luce, poche possono come im-
portanza per la istoria della pittura arcaica rivaleggiare con questa. Veio fu presa e
distrutta dai Romani nel 396 av. Cristo. Anche ammettendo che la tomba sia del-
l'anno stesso della caduta della città (e sarebbe strano che in tempi di così disperata
battaglia si pensasse a tranquille cose d'arte) le pitture e i fregi che adornano queste
mura sono pitture che avrebbero sempre oltre i 2300 anni. E' però opinione accre-
ditata che la tomba sia circa del VI secolo e così queste pitture verrebbero ad avere
un 2460 anni! Ma un valore tutto speciale deriva loro dal fatto che esse, nella
strana curiosità mostruosa dei loro soggetti, riassumono e danno subito un idea gene-
l'I l'i l'I \ MI RID10 I !•
rale «li ciò che fu la mito >1< >gia «li questi - strano « , ij pop
i trusco. Mo ti i fantastii I, sfingi, gì [foni, - hinn re dalli
angulpedi, Ipp< icampi, tori barbuti, u< « '-III dal volto u
rida lingua pi otratta, uomini dalla coda di p
YEIO — GROTTA CAMPANA — INTERNO.
(Fot I. I. d'Arci Grafiche >
orgiastiche e nude, ogni mista forma di animali sordidi ed orridi, irreali e paurosi....
tale era la mitologia etrusca di cui queste antichissime fra tutte le pitture, sono un
buonissimo esempio. Avvicinandomi ad esse con un lume, io fui colpito dalla strana
vivezza e quasi materiale freschezza del colorito rosso delle figure.
Toccai un momento, leggermente, con V indice, una delle figure e vidi con mia
ITALIA ARTISTICA
grande meraviglia che il colore vi era rimasto attaccato come se io avessi toccato
una tinta messa giù dieci minuti fa.
Questo stato di permanente freschezza del colore è dato dalla straordinaria umi-
dità della roccia e chiunque ama l'arte e si appassiona ai primi e lontani tentativi
l'atti in essa dai nostri antichissimi progenitori non può non pensare con rammarico
che la disattenzione, la stupida, ma non impossibile, malvagità di un visitatore, una
mano posata o passatavi sopra da un bimbo curioso, può distruggere in tutto o in
parte una delle più antiche pitture etrusche che noi conosciamo. Ottimo sarebbe, io
credo, munire quelle pitture di un vetro.
Quando la tomba fu aperta nel 1843, essa conteneva sul banco di destra della
prima stanza lo scheletro — che si polverizzò al contatto dell'aria — di un guerriero
con pezzi del suo scudo e tutto l'elmetto ancor conservato.
Questo elmo aveva in un lato un foro che ne traversava lo spessore, e, rivoltando
l'elmo, si vedeva la slabbratura interiore del colpo di lancia o di spada che aveva
con molta probabilità determinata la morte del guerriero.
Egli fu forse un eroe del suo tempo, prode come Achille, tenace come Aiace,
prudente come Ulisse.... ma nessun Omero cantò le sue gesta e se le avesse cantate
e per felicità del caso noi le avessimo ritrovate, esse sarebbero in questo momento
così mute per noi come se scritte dall'abitante di un altro pianeta.
Molte cose e molto importanti ci sarebbero da dire intorno a questa tomba che
per la sua alta antichità rappresenta una delle prime testimonianze dell'arte pittorica,
ma purtroppo i termini assegnati al testo di questo fascicolo ci obbligano a passar
oltre.
Dalla Grotta Campana io volli andare a quella che era stata un giorno la rocca
veientana e che anche oggi, con singolare tenacia di tradizione, viene chiamata Piazza
d' arme.
Strada facendo io vidi i resti di un columbarium, dovuto forse ad una colonia
romana stabilitasi a Veio molto tempo dopo la sua rovina.
Via via si incontrano ora qualche tomba obliata, dall'ingresso occulto tra i rovi,
ora i segni di un altro columbarium, ora i poveri avanzi del selciato di un'antica via.
Ad ogni momento la mia guida mi parla d'oggetti, di vasi, di musaici, di armi
trovate qui ; talvolta il passo risuona cupamente sul terreno erboso; pochi colpi di
piccone basterebbero per metterci forse dinanzi ad un tesoro artistico racchiuso da se-
coli in una tomba non ancora scavata... ma nessuno dà quei colpi di piccone !
Arrivati sulla piattaforma di quella che fu, quasi con certezza, la Rocca, VArx di
Veio, io mi fermai per prendere un po' di riposo e di cibo, e via via che le forze ve-
nivano rifocillate la mia fantasia ricorreva alla storia poetica e tragica di questa 'città.
Vi ricordate l'episodio dei trecento Fabi?
La giovine forza di Roma, sempre in guerra ostinata con Veio, era attaccata con-
temporaneamente dagli Equi e dai Volsci e mal poteva parare a tutti, quando un
giorno in Senato si alzò il console Caeso Fabio e disse che egli prendeva su di se
e sulla sua famiglia il carico della guerra veientana. Che Roma pensasse agli altri ne-
mici, a Veio avrebbero pensato lui e i suoi. Così in 306 marciarono per la guerra
tra le grida augurali della patria. « Mai — dice Livio — un' armata così piccola in
numero, così grande nel fatto e nelV ammirazione dei suoi concittadini, marciò attraverso
I' I l'i I- l.\ MI- RIDII >N MI
le strade di Roma ». Inni i Fabi furono, dopo dui
si >1o un i.in« iulli \\ ò, ma qui I Fan< iulli >. (,'. Vibul I
Massimo. Corsero lunghi anni da quel tempo, ma l'odio i
],i costante rivale e dopo trentanni Vcio fu diato di nuovo. I
da "in> anni quando le acque del lago Albano crebbero, d
samente, ad inondar la campagna, S mandò ad interrogar! I Delfo per
sapere che volesse dire lo strano miracolo e mentre si attendeva la
VEIO — GROTTA CAMPANA — PREGIO GEOMETRICO MILLA SECONDA STANZA DELLA TOMBA.
.1.1. d'Arti Grafiche >.
dato romano sorprese e portò all'accampamento, tra le sue giovani braccia, un vecchio
sacerdote etrusco.
Gli Etruschi avevano fama nell'arte aruspicina; pure quando il sacerdote etrusco
ebbe detto che i Romani non avrebbero mai potuto prender Veio sino a tanto
•che le acque del lago Albano non fossero portate via in modo da non mescolarsi con
quelle del mare, i Romani disprezzarono la profezia. Ma tornarono i legati da Delfo:
riferirono la risposta ; essa combinava in tutto con le parole del sacerdote etrusco.
E fu allora che fu fatto quel grande emissario del lago Albano che ancora sus-
siste, emissario scavato nel vivo sasso del peperino, e che ogni amatore d'arte o di
storia visita in una gita ad Albano. E così le acque del lago invece che nel mare
andarono a scaricarsi nel Tevere. Oramai la fede nella vittoria non mancò più ai
46
ITALIA ARTISTICA
Romani. Visto che Veio era troppo forte per esser vinta dalle mura, essi incomincia-
rono <\ >n disperato ardore a praticare un cunicolo che li portasse improvvisamente nel
mezzo della rocca stessa di Veio. Quando tutto fu pronto e pochi colpi di piccone
soltanto li separavano dall'impiantito della rocca, fu dato, per distornare l'attenzione
VEIO — TOMBA ETRUSCA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
dei Veientani, l'assalto alle mura e mentre si combatteva tutt'all'ingiro della città ?
Romani sbucarono, improvvisi e terribili, nella rocca.
« Così fu la fine di Veio ; la città più ricca che portasse nome etrusco e che
« anche nella sua rovina mostrò tutta la sua grandezza perchè assediata per dieci
« estati e dieci inverni, dopo aver cagionato più danno di quel che ne avesse rice-
E I ki r i \ mi UDII INAI l
\ ni. », da uli ini" mi '.'. ndo il i in > fi [>
guata ».
fale l'elogio che nel \ libro dell l
Il \'il)l>\ . I' Hi >lstenius, il ( ri II, il I> .ni hai
.1 que iti • i mi" • •!' '. Se il « uni» olo lui ealmente fatti ■. • I i
— si adatterebbe, esso è ora certamente ostruito dalli
zi* 'in-, e s >li ■ una ricerca i> tzienl i I
l<> visitai altre tombe tutte egualmente importanti per larcb
VEIO — INGKESSO DI UNA TOMISA.
quella che vien detta Tomba grande a Casalotto, ma di un interesse generale troppo
relativo perchè io mi fermi a parlarne qui.
Era la sera quando mi avviai a partire e dagli sguazzi, curiose piccola cupolette
■di terra aperte alla sommità, dei Panteon in miniatura, sporgevano fuori i musi te-
neri, curiosi dei capretti che aspettavano le madri. A poca distanza di là io non potei
trattenermi dall'osservare una delle più piccole scene della vita animale, ma anche
-delle più significative e toccanti che mi sia stato dato vedere.
Morta, uccisa forse dal tallone di un ragazzo che l'aveva sorpresa, giaceva sul
terreno erboso un piccolo topo femmina.
I due topolini avevano ritrovato il cadavere ancor caldo della madre e si erano
attaccati alle sue mammelle. Anche morta la povera madre faceva il suo officio.
48 ITALIA ARTISTICA
La cosa vi sembra leziosa? Allora non siete poeti, anzi non avete poesia nel-
l'anima.
Intorno ad un soggetto meno poetico di questo, intorno al nido di un topo di-
sfatto dall'aratro, Roberts Burns ha ereato una delle liriche più toccanti della lettera-
tura inglese:
< Questo piccolo mucchio di foglie e di stoppie
t'era costato un ben lungo rosicchiare!
Tu vedevi i campi ignudi e desolati
e il rigido inverno affrettarsi
e epa caldo, riparato dal soffio,
pensavi abitare,
quando, crac ! il crudel vomero è passato
attraverso la tua casa.
La critica storica si è specialmente accanita su tutta la poesia episodica della
guerra contro Veio. Si è portato il numero dei 300 Fabi a 5000; poi parvero troppi
e il numero fu ridotto; nell'episodio stesso della strage dei Fabi si è voluto cercare
un sincronismo specioso con le battaglie delle Termopili, dimenticando che la tradi-
zione riferisce l'episodio romano al 477 e quello greco al 480; nel racconto del cu-
nicolo si è voluto trovare una medesima base affatto leggendaria paragonandola al-
l'altro col quale si dice avessero i Romani preso Fidene nel 435.
Ma che cosa, cominciando col distruggere molte volte sé stessa, non ha distrutto-
la critica storica ?
Quello che spero che la critica storica non si proverà a distruggere è la distru-
zione di Veio, perchè davvero mai città fu più distrutta di questa.
IL LAGO DI BRACCIANO.
ANGUILLARA.
Da Veio era mia intenzione andare all' antica città etrusca di Sutri dove io sa-
peva che avrei trovato ruderi e monumenti di alta importanza artistica.
Ma il lago di Bracciano con i suoi paesetti a specchio della conca tranquilla
sorridevano tanto nella mia memoria che io risolsi di non lasciarli fuori del mio iti-
nerario. Però onde accorciare il lungo cammino io mi servii, più borghesemente che
archeologicamente, del treno.
Da Veio ritornai dunque all' Isola Farnese, di là alla Storta e dalla Storta io
presi il treno della linea Roma-Viterbo, e scesi alla fermata delle Crocicchie.
Là, a qualche passo, è un povero gruppo di quelle capanne che servono ancora in
tanta parte del Lazio come abitazione di pastori e contadini. Ve ne sono alcune dalla
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ITALIA ARTISTICA
forma conica, ben fatte, grandi; e ci sarebbe da giurare che i Romani dell'età prero-
mulea non fabbricavano abitazioni di tipo differente da questo. Jl cuore di un buon
italiano che abbia visto a 500 m. da Piazza del Popolo le abitazioni dei cavernicoli
deve battere di gioia vedendo queste capanne, perchè esse rappresentano di già un
bel cammino sulla via della civilizzazione. Ancora qualche secolo e poi i cavernicoli
di fuori Porta del Popolo si saranno costruiti delle capanne così, e questi abitanti
delle Crocicchie saranno passati all'architettura in legno. Poi si passerà a quella in
ANGUILLARA — RUDERE DI UN'ANTICA VILLA ROMANA, POI CONVENTO DI S. STEFANO-
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
pietra; Roma non fu fatta in un giorno e non ci sono i salti in natura, né in fatto
di civiltà. ...............
Dalle Crocicchie, io mi incamminai verso il piccolo paese dell' Anguillara. Era
l'aprile e lo scenario uniforme, grandioso, della vasta e solenne campagna romana, non
era interrotto che da qualche volo di cornacchie, quando tutto ad un tratto, dinanzi
ai miei occhi meravigliati, si levò lo spettacolo improvviso, e quasi pauroso, di un
enorme rudero che solo, quadrato, sembrava alzare al cielo le sue mutili membra ros-
sagne. Questo rudero, che fuori dalla campagna romana, formerebbe la curiosa e
celebre attrattiva di tutti i turisti, è qui quasi completamente ignorato. Non se ne
trova neppure il nome sulla guida del Baedeker e l'Abbate, nella sua Guida della
Provincia di Roma, ne dà appena un cenno.
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52
ITALIA ARTISTICA
Le fotografie che presentiamo ai lettori serviranno, più che le mie parole, a
formare un'idea della sua solitaria grandiosità.
Nell'interno, appoggiata alla sporgenza di un arco abbattuto, era una lunga scala
a pioli ; vi montai e di lassù osservai attentamente il rudero. Apparteneva chiaramente
a tre epoche molto distanti l'ima dall' altra. La prima romana, la seconda medioevale,
la terza, relativamente moderna, più recente.
Quando tornai a Roma il mio primo pensiero fu di fare qualche ricerca, ma non
fui troppo fortunato. Si tratta di una villa romana del I secolo dopo Cristo, la quale
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ANGUILLARA
PARTICOLARE DELLE MERA DI S. STEFANO.
(Fot. 1. 1. d'Arti Grafiche).
fu poi nell' ottavo secolo ridotta ad uso di convento col nome di Santo Stefano da
un ordine di frati detto degli « Umiliati ». Il convento fu distrutto e l'ordine soppresso
da S. Pio V, perchè durante il tempo in cui Pio V era stato vescovo a Sutri e Nepi,
gli Umiliati, forse per fare onore al loro nome !, gli si erano ribellati.
Il rudero porta anche segni evidenti di ulteriori adattamenti dovuti ad epoca
molto posteriore, forse del XIV o XV secolo.
Da queste mura di Santo Stefano all'antica città di Anguillara non ci sono che
un paio di chilometri.
Se Anguillara derivi il suo nome dal numero straordinario delle grosse e anche
troppo grasse anguille del lago di Bracciano nelle cui acque si specchia, o più proba-
Il «URIA VII l'IM N.M I
bilmente dalla linea della co ta del l igo i he forma in quel p
trante bu cui va una villa di tta Angularia S ',"-
troppo lontano; comunqui ia, la storia «li questo p I d i
indissolubilmente congiunta a quella della forti potenti \"
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ANGUILLARA — UN LATO DELLE MURA DI S- STEFANO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
guillara, la quale portava appunto nella sua arma temuta due anguille, incrociate e
rigide come due spade. Anguillara è in paragone degli altri paesi della provincia ro-
mana assai pulita e si presenta, anche internamente, assai bene.
Ma il merito di ciò è dovuto forse più alla vicinanza immediata del lago, che
ne permette con poca spesa la fognatura e lo spurgo, che ad una speciale attività
degli abitanti.
.= I
ITALIA ARTISTI* A
!n Ogni modo l'impressione è buona.
Una lunga strada, che ha per sfondò una bella gradinata mettente alla cattedrale, di-
vido in due parti il paese che è posto a pendìo del monte; il commercio delle anguille
e delle1 enormi trote del lago (enormi, ma non squisite) frutta assai bene e qui si pos-
sono trovare osterie un po' meno ugoline che in tanti altri paesi o borghi circonvicini.
Una cosa che non mi era mai accaduto di vedere altrove e che merita la pena di esser
accennata come un bell'esempio di umana dissociabilità è questa: percorrendo talvolte
le vie di Anguillara ci si abbatte a vedere due, tre, quattro o più case, fabbricate l'una
ANGUILLAIU
MURA DI S. STEFANO
INTERNO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche;.
così vicina all'altra che i muri vengono a formare un vicolo di settantacinque cent.r
e anche meno, di larghezza. Sotto questo rapporto Anguillara può vantarsi di avere le
vie più anguste del mondo, solamente esse hanno il difetto del proprio pregio perchè
non sono viabili. Una persona ben formata e in buona salute non potrebbe avven-
turarsi là dentro perchè basterebbe il più minimo e meno sensibile dei movimenti
sismici (e bisogna ricordarsi che Anguillara è fabbricata in un piccolo promontorio
vulcanico del vulcanico lago di Bracciano) per determinare un'ostruzione certamente
più seria di qualsiasi consorella parlamentare !
Come e perchè mai, io pensavo tra me, sarà venuto in mente a qualcuno di fab-
bricare delle case tanto vicine ? Allora potevano attaccarle addirittura ed avrebbero rispar-
s.
ITALIA ARTISTICA
miato un muro! — E già mi compiacevo della mia perspicacia quando il calzolaio che
mi accompagna va venne a disilludermi dicendomi: — Le hanno fatte così vicine perchè
lo spazio, all'Anguillara, non è molto e dall'altra parte capirà che nessuno clic aveva
tatto di già una casa voleva prestarsi a dare gratis il muro e l'appoggio a quello che
veniva dopo.
— Per bacco, ma il i° poteva farsi pagare dal 2" !
— Eh! ma capirà che il 20 vedendo che al i° oramai non costava nulla il dar
l'appoggio del muro non voleva pagare !..,
A.NGUILLARA — LA PORTA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
— Ottimamente, Biagio ! E se tutte le cose del mondo andassero come questa credi"
che si marcerebbe meglio, ma meglio assai ! — E ora conducimi a vedere l'emissario.
L'emissario, che col nome di Arrone porta al mare le acque del lago di Bracciano
traversando la pianura di Maccarese, celebre nei fasti della Dea Diana ma anche della
Dea Febbre, è a pochi passi dal paese. Vi si accede per un sentiero acquitrinoso,,
erboso, e clamitoso di rane saltellanti. Prima di giungervi s'incontra una chiusa di
legno fatta dai pescatori dove mi dicono che talvolta ci si siano prese sino a 5 quin-
tali d' anguille per giorno e queste anguille sono così grasse e — per quelli cui piac-
ciano ! — così gustose che Dante avrebbe potuto paragonarle a quelle del lago pros-
simo e più grande di Bolsena.
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58
ITA].! A ARTISTICA
ANGUILLARA CON VEDUTA DEL LAGO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Un'iscrizione su di un frontone posto all'entrata dell'emissario ricorda l'opera fat-
tavi da Pio VI.
Le acque del lago di Bracciano sono disgraziatamente congiunte con la storia
dell'acquedotto che di qui, raccogliendo varie sorgenti di polle del territorio, Traiano
fece costruire per aggiungere un'altra vena di acqua salubre che andasse ad arricchire
ancor più Roma, già di acquedotti così ricca. Ai tempi di Belisario Roma arrivò a con-
tare 14 acquedotti — Appia, Anio Vetus, Marcia, Tepula, lulia, Alsietina, Virgo, Claudia,
Anio Novus, Aqua Augusta, Traiana, Antoniniana (Caracalla), Alessandrina, Ioria —
oggi ne conta quattro : quello dell'acqua di Trevi, quello dell' acqua Felice, quello
dell' acqua Paola, il quale ha preso il nome da Paolo V che lo riparò e riattivò, e
quello dell'acqua Marcia.
Questo acquedotto fu dunque costruito perla ia volta da Traiano, ma allora esso
non raccoglieva che le polle sorgenti dal monte di Rocca Romana, dalle terre di Bas-
siano, Oriolo ed Anguillara, e l'acqua era pura ed ottima.
Ma nel secolo Vili, e precisamente nel 775, papa Adriano I — l'accanito ne-
mico del longobardo re Desiderio e l'astuto amico di Carlo Magno — pensò di riat-
tivare questo acquedotto rimasto come tutti gli altri, meno uno !, ostruito e ridonare
un po' d'acqua al popolo assetato di Roma. Si era oramai arrivati al punto che an-
che il pozzo di San Pietro e il bagno dei pellegrini, che si adoperava per la Pasqua,
I- I KI'KIA MI ! ' Il M ' >\.\l I
\\U IILLARA \ Klill \ DA LEVAN II •
. I. I. d'Arti Gì
dovevano essere alimentati a forza di botti trasportate a gran fatica ! '. Fu forse per
la prima volta allora che per accrescere la quantità di acqua se ne immise nell' ac-
quedotto anche una certa quantità del lago e l'acqua divenne così impura e pericolo-
samente potabile.
Tale è rimasta anche oggi nonostante tutte le successive riparazioni.
Ma il sole bruciava, ed io pensai che era oramai tempo di ar.dare a visitare quello
che forma l'attrattiva più grande del luogo : il Castello dei Conti Anguillara, i fieri
parenti degli Orsini.
La famiglia Anguillara è una di quelle che, come le sue contemporanee dei
Prefetti di Vico, degli Orsini, dei Savelli, dei Colonna, dei Frangipani, illumina di una
luce sanguigna e fosca un lungo tratto della storia medioevale di Roma.
Il più celebre degli Anguillara — celebre per fama infame ! — f-u il conte
Everso.
Durante il pontificato di Enea Silvio Piccolomini, che fu papa Pio II nel 1458,
questo conte Everso si era via via impadronito delle terre che avevano appartenuto
1. I ctippellari, donde venne il nome dell'ancora esistente via delle Coppelle, erano degli ucmini che ccn dei barili
- cuppejle — andavano sino ai luoghi, spesso lontani, dove gli acquedotti rovinati versavano acqua formando dei veri
laghetti e là empivano i loro recipienti e portavano — a schiena di asino — l'acqua a Roma.
ITALIA ARTISTI* A
ANGUILLARA
LA STRADA PRINCIPALE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
alla casa dei Prefetti di Vico. Fu anzi in questa fiera famiglia ghibellina, di origine
forse germanica, quella in cui durò sino al 1435 il titolo ereditario di prefetto che era
il pallido riflesso di quella podestà imperiale romana il cui ultimo avanzo si era
già spento nel 1198.
In questo territorio il conte Everso taglieggiava, saccheggiava, rubava, impri-
gionava, uccideva.... e batteva moneta falsa. Era completo, insomma. Ma fermiamoci
un momento su questa figura. Tanta fantasia di romanzieri, tante muse di poeti ro-
mantici si sono ispirate a questi tipi di conti o baroni medioevali che non dispiacerà
forse al lettore vederne qualcuno nella realtà della storia, specialmente quando questi
sia — come è ora il caso col conte Everso — proprio un tipo della razza.
Raccontare la sua vita per disteso ci condurrebbe però oltre i termini a noi
prescritti ; riassumere gli avvenimenti è come ridurre una tragedia, vasta e passio-
nale, ad una fredda enumerazione di fatti, sicché io credo che il meglio che qui si
possa fare sia di ripetere il giudizio che del conte Everso — morto, ben inteso ! —
dava un contemporaneo, il Cardinal di Pavia.
Eccolo, quale lo traduco fedelmente dal grosso ma esprimente latino quattro-
centesco : « Everso, capostipite della sua famiglia, dominava a tempo nostro An-
guillara ed era un disprezzatore di uomini, di santi e di Dio.
« Per tutto il tratto che va da Viterbo a Roma infestava le strade con assidui
I I l'I l<|.\ Mll'll >K INAI I
lai 1 1 ii un ih »n pi ni. >nand< > a m ss un a qualità «I; u< mini, i
.il rubare, aggn diva I miseri ■. tagliati ■< i < hi «I." ■ igni i
quesl i in >st 1 1 santuari i ran< i d< >p< 1 tanl
naufragi» i s< >tto i nostri occhi i i [uà : in p rto, \ •
disperata servitù, Raramente i nostri occhi erano ri parm l d
ramente il p mtefice, usi end< » in pubblici », mani di
gli . ippressi : e chi m< >stra\ .1 la sua nud tà, < eh
colpii e chi piangeva le Perite e la morte del parenti. Fu il p
infame del n< >st r< » tem] n >,
« Non aveva alcuna religione, nessun rispetto di I Ji" 0 rlegl uomini; i
pestivi e solenni disprezzava tutti ugualmente ed anche di Dom<
suoi miseri sudditi .1 lavorare per lui, dicendo che siccome la domen
del Signore, a lui era dovuta, che era il loro Signore. Non voleva che
salvo dalle sue libidini e con impelo ter. de venivano portati alle sue ipre
apparecchiando < ol terrore quello «'la- la impudica menti . Sp ntre la
sposa veniva condotta allo sposo fu presa da lui e dovè prima sopportare il 1
bio della sua oscenità.
« ....Di nessuno desiderò o il campo o il bove 0 l'asino che non i
ci^w ingiuria .... ».
Insomma se Alessandro Manzoni avesse posto la scena del suo romanzo invi
ANGUILLARA. — VEDUTA DI DUE STRADE.
(Fot. I. I. d'Ari Grafiche).
ITALIA ARTISTICA
che in Lombardia nel Lazio, e sul lago dell' Anguillara invece che su quello di Lecco,
avrebbe trovato qui uno stupendo tipo d'Innominato storico.
Morto lui, i due nipoti furono soprafatti dall'ini del papa; le loro rocche furono
prese da Napoleone Orsini, Federigo d'Urbino, il cardinale Fortiguerra, e in esse si
trovarono enormi ricchezze ammassate, poveri prigionieri langu< nti da anni ed anni.
come sepolti vivi negli occulti carceri dei castelli e si trovarono anche tutti gli
strumenti atti a batter moneta falsa.
ANGUILLAIA — L'EMISSARIO DEL LAGO.
(Fot. I. I. cTArti Grafiche).
Di questa famiglia della quale ora mi accingevo a visitare il castello maggiore,
restano memorie e ruderi in molti dintorni di Roma ed in Roma stessa rimane in
Trastevere quel palazzo con quella torre che dal loro nome si chiama appunto An-
gui 11 ara.
Entrai nel castello : la mia aspettativa non fu delusa.
Torrioni inutili cui l'edera si arrampica con forti e torte braccia vellose, mura
nel cui spessore possono trovare area delle intiere camere, e sotterranei e prigioni
orrice.
Questo vecchio castello, dal quale si gode pure una vista così lieta del ridente lago,
tale che essa fa ricordare subito la trepida odicina di Catullo a Sirmione, appartiene
WGUILLARA — CASTEL1 0 ORSINI,
(Fot. I. I. l'Ari G
ANGUILLARA — PARTE INTERNA DEL CASTELLO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafi
64
ITALIA ARTISTICA
oggi alla casa napoletana dei Doria di Eboli e ne è affittuario un vecchio e vegeto
medico abruzzese che vive là tranquillo e buono, con la famiglia affettuosa.
Ma esso servì di triste prigione sino a tempi relativamente recenti ed alcune
povere iscrizioni, alcuni di quei graffiti murali con i quali i prigionieri non mancano
ANGUILLARA — CATTEDRALE
MADONNA DELLA TORRE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
mai di divertire l'ozio doloroso del carcere, datano da duecento anni e meno ancora.
« Nicola Cortellini fui carcerato per una rosa 175 1 » — « Pasquale Moscatelli
fui carcerato il 5 novembre l'anno 1779 »....
E via via che si osserva si vede che queste mura sono tutte un graffito di do-
lore. Recente; perchè le iscrizioni più antiche venivano mano a mano cancellate ad
ogni imbiancatura di calce.
I I 1:1 Kl.\ MlklM' iN'AI I
I .,i nii.i guida mi m< «1 1 1 1 un fi >rm • dove <li( ■ >n< ■
■.' [i interi < >nde nes mno li rh edesse, | x >i un angusti > foi
dic< 'ii' > c< 'Minili' lii <•■ 'ii l.i • i rada r< >man d <li i*zza
^NGUILLARA — CASTELLO ORSINI — LA ROCCA. (Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
in caso disperato ed il condotto per il quale buttavano il pane e calavano l'acqua ai
prigionieri.
Questo castello avrebbe senza dubbio eccitato la cupa fantasia di Mrs. Anna
Ward Radcliffe, ma visitando luoghi così e ripensando che gli uomini furono in
tempi, relativamente vicini, così stupidamente vili da sopportare tali esosi padroni,
si perde quella po' di fiducia che nell'orgoglio e nella dignità umana si potrebbe
ancora avere.
66
ITALIA AK'IISI HA
Uscito di lì, la conversazione intelligente e gentile de] dottore e della sua famiglia
e un buon desinare fatto in faccia al sorriso del lago, sotto il pergolato di un'osteria,
mi misero lo spirito e lo stomaco a posto ed io partii allegramente per Trevignano
costeggiando il lago, dimenticando gli Anguillara e gli Orsini che Biagio, la mia guida,
continuava e chiamare « I boiaccia!... ».
TREVIGNANO.
E' un povero paese di circa ottocento abitanti, che sorge su di una balza basaltica
sul luog'o dove era forse un giorno l'Etrusco wSabate, la città che la leggenda popo-
lare dice sepolta nel fondo del lago a cui dette il nome di Sabatinus.
Trevignano è ancora dominato, come da un fantastico uccellacelo da preda
accoccolato sulla cima di una roccia, dal diruto castello degli Orsini. Questo castello
non ha nulla a che fare, come grandiosità, con la mole gigantesca dell'immane castello
che dal vicino paese di Bracciano invade della sua ombra pesante le acque del lago;
pure, tal qual è, mutilo, ruinato e ruinoso, con la sua rocca eretta ancora verso il
cielo come una minaccia, esso dà meglio l'idea della forza e della prepotenza dei suoi
selvaggi signori che tutto il largo ed enorme castello di Bracciano. In quella picco-
TREYIGNANO — MURA DELLA ROCCA ORSINI.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
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I I ALLA ARTISTICA
lezza è meglio condensato il carattere. Nella lotta che nel 1503 si svolse, con la tei-
ribilità di un uragano, tra gli Orsini e Cesare Borgia, coadiuvato ed assistito dal
suo degno padre papa Alessandro VI, questo castello fu preso e smantellato insieme
a molti altri. Dinanzi a Cesare Borgia che, con un colpo da maestro di ogni tradi-
TREV1GNAN0 — RUDERI DEL CASTELLO ORSINI.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
mento, aveva in Sinigaglia attirato nel suo palazzo e spento i suoi nemici e che ora
marciava trionfante su Roma per congiungersi al padre, fuggivano sbigottiti i Vitelli,
i Baglione ed egli a Castel della Pieve faceva mettere, in un momento di malumore,
a morte i due tristi prigionieri che portava con sé : il Gravina e Paolo Orsini.
Quale pantano morale dovette essere l' Italia allora, se si pensa che Nicolò Ma-
TREVIGNANO — CAPANNE SULLA VIA hi BRACCIANO.
fiche».
TREVIGNANO — CASE RUSTICHE AL PORTO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche
I I ALIA ARTISTICA
chiavelli incontrava e conosceva in quel tempo questo Cesare Borgia, che doveva
poi assurgere nella sua mente a tipo ideale di principe!
E ai 24 d'aprile del 1503 Alessandro VI e Cesare Borgia, venuti alTAnguillara
TREVIGNANO — CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA — AFFRESCO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche)-
per visitarvi i castelli conquistati agli Orsini, saranno certamente arrivati anche a
Trevignano.
Due mesi prima, in Castel Sant'Angelo, era morto di veleno il cardinale Orsini;:
la figlia del papa, Lucrezia, era stata lasciata in Vaticano come vicariessa, i beni dei
Colonna, dei Savelli, dei Caetani, dei baroni di Poiano e di Magonza e degli Estou-
teville erano stati confiscati ; Xepi, Palestrina, Paliano, Rignano, erano dati in feudo-
TREVIGNANO — CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA — TRANSITO DELLA VERGINE.
(Fot. I. I. d'Arti Gr. :
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.ni un bambino, Giovanni Borgia, nato ••! papa dalla Giulia l
cosi piena di spavento, di delitti e «li ira che molti l impauriti.
M.i | >assia mo soi ira a questa i ■ ria.
< Ira Tiv\ ìgnan< » è p< a er< >, ma < alm< >j «• o >m<
suo passato non gli rimane che questo castellacelo minato e la bella chiesa <i
Maria Assunta, dove sono dei buoni affreschi di scuola di Raffaeli ■. ma ci
TREVIGNA.NO — CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA — PARTICOLARE DELL'AFFRESCO: IL TRANSITO DELLA (TERGINE.
(Fot. I. I. d'A
ziatamente ha delle crepe enormi nelle volte e minaccia un giorno o l'altro di
rinnovare su i fedeli qualche gesta Borgiana.
VICARELLO.
Se il nome di Vicarello viene da Vicus Aurelius allora queste rovine sarebbero
dell'epoca di quegli Antonini che nel II sec. di Cristo adottarono in onore del pio im-
peratore, Titus Aurelius Fulvius Antoni nus, il nome di lui.
Poche e sparse rovine, esse hanno però, come tutte le costruzioni romane, il
loro indelebile carattere di grandiosità.
VICARELLO — VIALE DELL' ISTITUTO GERMANICO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
VICARELLO — INGRESSO DI VILLA GRANDE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
io
7*
ITALIA ARTISTICA
Queste costruzioni servivano nel Medio-Evo anche di abitazione e pare che nella
prima metà del secolo XIV appartenessero ai monaci di San Gregorio. E1 possibi-
lissimo: da i primi monaci che cominciarono a venire a Roma nel III sec. in poi,
il numero fu tale che spesso i muri malsicuri della vecchia città non dovevano più
bastare.
Il monachesimo fu una specie di filossera che invase a quel tempo lo spirito
umano ed uno spettacolo bene strano dovevano presentare le vie di Roma nei primi
anni del secolo V quando i figli dei consoli, dei patrizi, dei senatori romani, non
VICARELLO — VIGNA GRANDE — RUDERI DEL RAGNO ROMANO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
arrossirono più di mostrarsi per le vie di Roma con la testa rasa e il corpo, imba-
cuccato nella lana della tonaca, sì che San Girolamo potè finalmente dire : « Ai
tempi nostri Roma presenta uno spettacolo non mai veduto dal mondo in tempi
anteriori. Altra volta pochi cristiani si contavano tra i sapienti, tra i potenti, tra i
patrizi; oggidì invece molti uomini illustri per potenza, per sapienza, per nobiltà di
sangue, si numerano tra i monaci ».
Ma Vicarello è celebre a Roma e nei dintorni per i suoi bagni di acqua mine-
rale, i risultati dei quali sembrano essere realmente efficaci in tutte le manifestazioni
dell'acido urico. Sono le acque Aureliane, da identificarsi con le Aquae Apolinares
2
2
VICARELLO — VIGNA GKANDE — AVANZI DI BAGNO ROMANO. (Fot. I. I. d'Ara Graficlic)
VICAR.ELLO — RUDERI DEI BAGNI.
VICARELLO - RURKRI DI UiN BAGNO l'.OM\.\u.
i Fot. I. I. d'Arti I
VICARELLO — STABILIMENTO TERM \LE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
82
ITALIA ARTISTI* A
nominate in quell'Itinerario di Antonino che, pur nella sua arida enumerazione, rimane
il lavoro geografico più importante che la Roma imperiale ci abbia trasmesso.
Lavorando per il nuovo stabilimento, si trovarono nel grande bacino innumerevoli
pezzi di aes rude ed aes signatum, rappresentanti forse l'offerta, la stipe, dei guariti l.
In questi dintorni i luoghi sono bellissimi: lì presso è una villa splendida i cui
pini dalla chioma nuotante nell'aria sono abitati da pavoni superbi ma stonati come
un coro teatrale italiano; più oltre è lo stabilimento enologico del principe Odescalchi
che vi tiene anche dei cavalli da corsa e oltre ancora e finalmente è Bracciano.
BRACCIANO
IL LAGO.
BRACCIANO.
Bracciano è il più grande dei quattro paesi che si specchiano nelle acque del
lago ; ma io credo che raramente si trovi un forestiero che si occupi di visitarlo.
L'enorme maniero degli Orsini, che il Gregorovius chiama nei Wanderjahre in Italien
« cronaca granitica dei terribili tempi feudali », occupa tanto la visione materiale e
morale del passeggero, che il paese sembra, dopo una visita al castello, un povero
mizcchietto di case senza alcuna importanza.
1. I pezzi di aes rude, circa m. 20000, rappresentano il più. cospicuo trovamento del nostro secolo. Come parte della
stipe era una bella serie di vasi d'argento, tra i quali insigni quattro bicchieri contenenti il catalogo di tutte le stazioni
di posta tra Cadice e Roma. La stipe scoperta nel 1852 passò al Museo Kircheriano di Roma.
BRACCIANO — l'\NoR\M \.
BRACCIANO — CASTELLO ORSINI — LA TORRE DELLA TORTURA. (Fot. I. 1. d'Arti Granché
sa
ITALIA ARTISTICA
Puro non è così: Bracciano è uno dei pochi paesi della provincia di Roma che
offra l'aspetto di un certo benessere materiale ed anche una certa attività di com-
mercio. Vi sono due ferriere, molte botteghe, buone e grandi trattorie, caffo', ed il
giorno in cui io vi giunsi c'era una fiera di bestiame che trasformava una delle sue
piazze erbose in una vasta marea nitrente, mugghiante, ragliante e urlante.
» « -3
BRACCIANO — CASTELLO ORSINI
VEDUTA DELLA VIA PRINCIPALE DEL PAESE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Ma il castello enorme, pentagonale, turrito ai lati, scuro, largo, immenso, gittava
la sua ombra su tutto, uomini e cose, ed anch'io abbandonai fiera, paese e comitiva,
per recarmi subito a visitarlo. Non so se la mia opinione sarà divisa da qualcuno che
leggendomi abbia presente il celebre Castel del Monte che Federigo II fece innal-
zare in Puglia ; ma appena la mia cavalcatura, sbucando da un bcsco di scope, si
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88
ITALIA ARTÌSTICA
avanzò sui monti che cingono il lago, e
la grande mole del castello Orsini si pre-
sentò ai miei occhi, subito la mia mente
corse al castello del potente e fiero ri-
belle di Gregorio IX, il triste accenditore
di roghi.
Un volume varrebbe appena a descri-
vere minutamente tutte le lotte, le guerre,
le selvaggie e strane avventure di cui que-
sto castello fu scena e testimone ; noi non
diamo qui che i titoli degli avvenimenti.
Gli Orsini vennero in possesso del
fondo di Bracciano lentamente; esso ap-
parteneva prima alla famiglia dei Prefetti
di Vico, di origine probabilmente ger-
manica e quella in cui vedemmo che si
era mantenuto sino al secolo XII una
larva dell'antica dignità senatoriale ro-
mana. Gli Orsini non se ne resero pa-
droni che verso la metà del XV se e. ed
abitarono da principio nella rocca che i
Prefetti di Vico avevano già innalzato
nel luogo stesso dove ora sorge il ca-
stello, rocca della quale anche oggi si
vedono gli avanzi incastrati nel castello
medesimo.
Questo fu cominciato a costruire verso
il 1470 da Napoleone Orsini, uomo che
viene descritto dal Sansovino come « di
« sommo splendore, grato ad ogniuno e:
« honorato da tutti. Come signore di
« incomparabile fortuna, non cedeva pun-
« to alle gTandezze et alle magnificenze
« dei principi segnalati pei suoi tempi
« conciossia che con sontuoso apparato
« di edificii in Roma et in Bracciano
« et di giardini et di altri ornamenti, de'
« quali sommamenti si dilettava, prece-
« deva tutti gli altri baroni della nobiltà
« romana ».
Ma lo splendido signore non vide la
fine del suo. superbo maniero, che fu
condotto a termine dal figlio Gentile
Virginio Orsini, il quale superò forse in
ricchezza e fasto anche la fama del padre.
Il RI l'I \ MI klhli »NAI l
Quandi » gli fu o >nf< rit< i il supn mo « ornando delle mil z
; ; ti \ il '.' ini* i ( 'r.sini dette una festa in I lra< ciano d< Il
per più di una generazione e chi i e facendo am qualch<
paese HDD se n»' senta, per tradizione, parlare ancorai
BRACCIANO — CASTELLO — PARTICOLARE DELL'AFFRESCO DI ANTONIAZZO ROMANO.
(Fot. I. I. d'Arci Grafiche i
Il diarista Stefano Infessura, nel suo latino molto maccheronico, ne parla così :
« Eadem die vigesima septima octobri 1489 Virgineus Orsini coepit sceptrum ut
capitaneus regis Ferdinandi et die sequenti fecit monstram omnium suorum comili-
tonum, dictumque fuit fuisse quatordecim squatras ita pulchras et divites et ornatas
sicut unquam alibi visae fuerunt, cum vestibus, auratis, argentatis, et cum paliiis,
9o
ITALIA ARTISTICA
posuitque edictum ut quicumque iret ad videndum gratis in hospitio recipen tur ;
iveruntque multi et quodam modo infiniti ; qui non nisi gallina? et alia similia cc-
mederunt ».
Bisogna dire che, quando ci si mettevano, le cose — tanto in bene che in male —
le sapevano fare !
BHACCIAKO — CASTELLO — LOGGIA NEL CORTILE.
(Fot. I. I. d'Ar.i Grafiche).
Allorché Carlo Vili scese in Italia fu ospitato qui, in castello di Bracciano, nel
dicembre del 1494; ma oramai era al pontificato Alessandro VI Borgia e nessun che-
fosse ricco e potente era più sicuro.
L'Orsini fu scomunicato ; le sue terre e gli altri suoi castelli, come Trevignano,
presi e saccheggiati; sì che la guerra si ridusse tutta attorno a questo castello dove egli-
si rinchiuse.
BRACCIANO — LA CUCINA DEL CASTELLO.
(Fot. I. I. d'Arti Gt il
BRACCIANO — CORTILE DEL CASTELLO.
(Fot. I. I. d'Arti Granché'.
BRACCIANO — CASTELLO — SALA DEL TRITTICO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
BRACCIANO — CASTELLO — SALA DELL'IMPRESA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
BRACCIANO — CASTELLO — SALA DI RICEVIMENTO. (Fot. I. I. d'Arti firr
BRACCIANO — CASTELLO — SALA ROSSA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
1:
94
ITALIA ARTISTICA
In un assalto disperato, dato dai borgiani, perirono duecento persone, ma il castella
resistette. Era un osso duro. Non lo presero allora, né mai ; e i Borgia passarono ;
come passa la tempesta, la guerra, la peste.
Nel 1560 Paolo Giordano Orsini sposò quella Isabella de' Medici che doveva poi
morire strangolata da lui nel castello di Cerreto in Toscana. Qui in questo castello
di Bracciano ci sono due ritratti di Isabella Orsini e guardandoli non nii poteva uscir
dalla mente V immagine della stanza che nel castello di Cerreto accennano come
quella della morte di lei. Dicono che attorno al cuscino avessero posto un laccio di
BRACCIANO — CASTELLO — SALA DELL'IMPRESA — AFFRESCO DEGLI ZUCCARI.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
seta il cui capo venne tirato, per un foro praticato nel soffitto — che ancora mostrano-
— al momento opportuno. Sarà vero ? In fatto di delitti quei tempi danno dei punti
all' imaginazione.
Gli affreschi di Taddeo e Federigo Zuccari che ancora si ammirano in questo ca-
stello furono in gran parte fatti in onore della bella, giovine, e — pare — infedele
sposa di Paolo Giordano.
Quando nel 1584 venne, ospite a Bracciano, Marcantonio Colonna, il vincitore glo-
rioso di Lepanto, l'Orsini trattenne a lungo nel suo castello lui e 400 uomini della sua
corte. L'enorme cucina, che si ammira appena si entra dalla porta di servizio, si
spiega così e facilmente !
BRACCIANO — CASTELLO SALA DELL'IMPRESA — AFFRESCO DEGÙ ZUCCARI.
(Fot. E. I. d'Arti Grafiche).
BRACCIANO — CASTELLO — SALA DELL'IMPRESA — AFFRESCO DEGLI ZUCCARI.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
BRACCIANO — CASTELLO — SOFFITTO DELLA SALA NUZIALE (ZUCCARI)
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche)..
BRACCIANO — CASTELLO — SOFFITTO DELLA SECONDA SALA. (Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
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BRACCIANO CAST] LLO II ITO SICI1 IANO (PARTIÙ I IBI I. I . • l
BRACCIANO — CASTELLO - PORTACATINO IN FERRO BATTUTO.
(Fot. I. I. d'Arti Gràfiche).
BRACCIANO — CASTELLO — DBACIERE IN FERRO BATTUTO.
• (Fot. I. I. d"Arti Grafiche.»
13
I 02
ITALIA ARTISTICA
BRACCIANO — CASTELLO — DUE CASSONI.
{Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
. > u •• - »«ux».
BRACCIANO —CASTELLO — INGINOCCHIATOIO IN LEGNO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Ma un tale splendore, continuato per
delle generazioni, è esiziale per l' asse di
qualsiasi patrimonio e sostanza.
La fortuna degli Orsini cominciò rapi-
damente a decadere.
Quando la loro forza e ricchezza preci-
pitarono, Don Livio Odescalchi, nipote di
papa Innocenzo XI, acquistò nel 1696 il
feudo e il castello. Xel 1803 lo comperò il
nabab di Roma a quel tempo : il Torlonia. Ma
gli Odescalchi si riserbarono nel contratto
il tus redimendo il diritto di ricompera ; e lo
ricomprarono infatti nel 1 848 ed ora esso ap-
partiene a Don Baldassarre Odescalchi, duca
di Bracciano.
Internamente il Castello non mantiene le
promesse della sua enorme mole. Manca ad
esso quello che forma la più acuta suggesti-
vità di un antico maniero : i mobili del
I I l'i RIA MERIDU l
temp< >. I «li antichi mobili degli ( orsini im • >n< i ■ i nduti, •
quelli dei primi l >de « al hi ; tali hi adi sso il < astello i i di mobili «
nostante la li >n i Brandii i lità • sanno «li rai
e, .mi- un. » (li n< »i si i n a i irei >be in un1 adunanz > « i >mp
§ero Vico, Anguillara, SavelH, Vitelleschi, Orsini, Borgia.
CAPRANICA DI STJTRI.
Così è chiamata, per distinguerla dall'altra presso Palestrina;
di molti altri paesi della provincia romana — Capranica, situata com olle
falde ilei gruppo dei Cimini, gode dì un clima sano e fresco. Ha poi acqu dule
ferruginose stupende, un latte «li capra del quale non rie, ni., il più legger»
vole ed un monumento del quale non ricordo il più strano.
Io passeggiavo per la chiesa di San Francesco, in cui sono pure alcune pitture
assai buone, quando il mio cicerone, una ili quelle persone nelle quali sembra ancor
vivere tutta la naturale gentilezza ospitaliera del sangue latino, mi fece passare dietro
CAl'KANICA — PANORAMA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
104
ITALIA ARTISTICA
T aitar maggiore e il grande monumento marmoreo dei conti fratelli Anguillara si
drizzò, vicino, massiccio, improvviso, dinanzi ai miei occhi.
Non potei trattenere un moto di meraviglia.
In vita mia io non avevo mai veduto un così strano monumento; infantile, po-
tente, rozzo e raffinato ad un tempo.
I due guerrieri giacciono l'uno a lato dell'altro, vestiti delle loro armature, con
la spada tra le mani coperte delle monopole scagliose e ferree ; le giovini e forti
teste poggiate agli elmi riversi che fanno da cuscini.
CAPRANICA — LE GROTTE.
(Fot. I. I. d"Arti Grafiche).
Bizzarria od ingenuità di tecnica che sia, lo scultore avendo posto il monumento
nel senso orizzontale della parete e volendo far vedere allo spettatore entrambi i
guerrieri nel medesimo tempo, si è trovato nella necessità di dare una forte inclina-
zione al piano superiore del monumento su cui sono posti i guerrieri, altrimenti lo
spettatore non avrebbe, da terra, potuto vedere che il primo di essi.
Da questa stranezza di posa, da questa irrealità di posizione (due corpi non po-
trebbero stare, nemmeno morti, su di un piano così inclinato senza ruzzolare) ne deriva
come un inaspettato senso di vita. Si direbbe che quella immobilità dei due fieri fra-
telli non fosse che una delle loro finzioni di guerra e che essi dovessero ad un tratto •
levarsi nel loro completo assetto di battaglia, terribili ed aspri come giovani leoni..
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ITALIA ARTISTICA
CAPRANICA
VIA DI SOTTO LE Ml'KA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Una iscrizione in caratteri gotici, che io ricopio qui nella sua esatta e curiosa
forma, dice:
Olivi quco genuit simili de semine water
Corpora Francisci petra liaec clauditque Nicola.
Clarus iiterque cirmis et uterque angui llifer heros.
quorum animi sacro inuguntur in cthere ncxu.
Terrea sidereo spernentes diviata celo.
oòiit autem viiles egregia^ covies franciscus anno domini 1406 die XII mensis
Augusti.
et inclitns miles covies Nicolaus anno domini 1408 die XXVI mensis tulli.
Questi due giovani guerrieri morivano dunque a poca distanza l'uno dall'altro in
quell'inizio del XV sec. che fu una delle epoche più tempestose che la navicella di
S. Pietro e lo stato ecclesiastico attraversassero mai.
A tale era ridotta la Chiesa in quel tempo che Gregorio XII per sostenere le
richieste sempre incalzanti di Paolo Orsini, il suo braccio destro e temporale, era co-
stretto ad impegnare a banchieri fiorentini la mitra e vendere una parte della Biblio-
teca ; lo scisma tra Benedetto XIII e Gregorio XII dilaniava il mondo; all'elezione di
Alessandro V la Chiesa ebbe tre papi e Nicola di Clemange, il segretario della corte
Avignonese, poteva con ogni ragione scrivere il suo libro « De mina Ecclesiae ».
I I l'I Kl.\ MI' KII)M INAI I
Ma chi, più pari io riarmi mte, furono questi dui
dello strano monumento
Nicol, i e Francesco melli, come dice l'iscrizione no nel i° dei
del secolo \\ ì soli che portassero il nome di ( onti di
noi sappiamo ben poco nonostante un accurato studio fatto da ui , la
signorina Vittorina Sora *, Quello di cui ad ogni modo sappiamo qualchi c<
è <li Francesco.
E' un semplice aneddoto, ma servi a sollevare un poi
il tempo ha tessuto sopra queste figure, <• ser i pratutto «ne
questi guerrieri vestiti di ferro, <• che la nostra imm; nili circond
tanta poesia, fossero purtroppo uomini coinè tutti gli altri e come n
necessità e degli Interessi mati ri. ili della vita !
Nell'Archi vio Vaticano Ardi. Vat arni. XXXIV, cocL I. ( . XII. A
codice dal quale si rileva che Francesco Anguillara ebbe una lunga di*
dislao, re di Napoli, Pare che essendo Francesco al campo de1 Fiorentini - di D
di Milano avesse sotto i suoi ordini Gurello Garafa, marescalco del reame di -
e un tal Nbfrio l'esce. E pare anche che questi due passassero ad un tratto a] i
nemico portandosi via la somma di seimila fiorini d'oro. Per quei tempi, era una
i. VuioKixA Sora, / Conti di Attguillara, dalle loro origini al Mi ( i CLXV. Roma, Società Romana 'li Stori*
Patria.
CAPRAMCA — PORTA DEL CASTELLO ANGUILLARA.
t^Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
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[TALIA ARTISTICA
bella cifra. Francesco Anguillara ne fu indignatissimo e, di qui, da Capranica, scrisse
il 5 decembre del 1397 una lettera a re Ladislao di Napoli, del quale i due ladri e
traditori e'ran sudditi, perchè il re obbligasse i due a rendere il mal tolto.
Re Ladislao rispose invitando alla concordia, ma l'ira e la rabbia di Francesco
CAPRANICA — CHIESA DI S. FRANCESCO — PARTE CENTRALE DEL MONUMENTO AI CONTI ANGUILLARA.
Anguillara dovettero invece divampare quando seppe che il marescalco Gurello Ga-
rafa negava di essere mai stato sotto i suoi ordini e lo sfidava a comparire in
contradditorio dinanzi a re Ladislao, nel gennaio successivo del 1398.
Il conte Francesco ricusò di aderire. Il termine, se mai, doveva esser fissato da
lui e non dall' accusato ! E rispondeva al re dicendo, con un' ira che trapela anche
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ITALIA ARTISTICA
attraverso Y incertezza della frase italiana : « Come io prima te scripse te Jaccio certo-
che ne intendo de vedere ta fine per onine modo che a tal facto se convenga ».
Come finì la questione ? Xon lo sappiamo, e forse non lo sapremo mai, come
niente sappiamo dell'altro fratello gemello, Nicola. Nati insieme, quasi insieme mo-
rirono, insieme furono sepolti e ad entrambi fu eretto questo monumento, da un
rude, arcaizzante scultore. Del quale, se pure noi non possiamo stabilire con certezza
CAPRANICA — CHIESA DI S. FRANCESCO — S- ANTONIO (AFFRESCO).
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
il nome, possiamo però emettere un1 ipotesi che soddisfi assai da vicino la nostra
curiosità.
Ogni amatore di storia patria sa che un triste silenzio di arte si era venuto fa-
cendo a Roma, nel 1300. Roma, abbandonata dalla corte papale che le preferì la
piccola città di Madonna Laura, era dilaniata dalle lotte dei suoi baroni, dai tumulti
delle fazioni, ed il fiore dell'arte languiva.
All' inizio del '400, tra gli scultori che in Roma producevano, si affaccia mastro-
I l< 1 URI \ MIKIhl' l ALI
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Paolo Romano, «• noi troviamo, segnati del suo nome, dm chi hanno
una strana rassomiglianza di Fattura con qu< to dei fratelli Anguilla!
s il monumento a Bartolomeo l arafa nella chi< a di <i< l Pi
rat< », e <|u«-ll<> del cardinali melli in Santa Maria di \ ■
CAPRANICA — CHIESA DELLA MADONNA DEL DIANO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
Tutti questi monumenti hanno una certa aria di famiglia: la medesima disposi-
•zione degli stemmi ; V iscrizione chiusa tra le tortili colonnette, e più ancora una
grande somiglianza nel fare pesante e grossolano, ma non privo di grandiosità.
Il Venturi, nella sua splendida storia della Scultura del Quattrocento, attribuisce
questo monumento dei fratelli Anguillara a Paolo Romano ed io non credo che sa-
rebbe facile trovar buone ragioni per invalidare l'opinione del Maestro.
; 12
ITALIA ARTISTICA
Uscendo dalla chiesa, a pochi passi di li, sulla piazza, io mi fermai dinanzi alla
porta dell'ospedale ed un'altra opera d'arte di alta importanza attirava subito il
mio sguardo.
Meravigliosa terra è davvero questa Italia ed io che commisi, come tanti del mio
tempo, l'errore di viaggiare per gli altri paesi d'Europa prima che per il mio, ora
CAl'RANICA — CHIESA DI S- MARIA — TABERNACOLO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
che all'errore ho cominciato a rimediare sento di giorno in giorno crescere la mia.
ammirazione per questa patria che dalle cime gelide delle Alpi sino all' estreme ed
infuocate punte della Calabria e della Sicilia sembra vivere tutta in un'atmosfera vi-
brante di miracoli d'arte.
La lunetta dell' arco dell' ospedale a Capranica è uno di questi miracoli. E' un
bassorilievo in marmo rappresentante un tralcio di vite tra le cui volute sono scol-
pite con un lavoro primitivo, geniale e grottesco ad un tempo le più strane e più
fantastiche figure che la bizzarra immaginazione di un artista possa inventare.
CAPRANICA — CHIESA DELLA MADONNA DEL PIANO NASCITA DELI \ MADONNA (ZUCCARI).
I. I . '.
CAPRANICA — CHIESA DELLA MADONNA DKL PIANO — MORTE DELLA MADONNA (ZL'CCARI).
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
H4
ITALIA ARTISTICA
Sono Lamie dal seno nudo e nudo il corpo e l'orribile volto dal becco di uccello,
becco munito di acuminati denti, e il capo non piumato ma stranamente capelluto :
sono uomini, nani e deformi, dal capo bovino e il muso di zannuto cinghiale; uccelli
enormi come uomini, che hanno il capo di uomo, e questo capo porta una mitra da
cui escono il tralcio di vite e dei fiori ; sono cavalli figurati di profilo la cui testa
di leone, baffuto come un uomo, è poi volta di prospetto; asini e grappoli d'uva; e
donne in attitudine calma e mesta ; e tutto è un caos quale mai mi era stato dato
vedere di simile.
CAPRANICA — CHIESA DELLE GRAZIE.
(Fot. I. I. d*Arti Grafiche;.
E tutto ciò, questo mondo terrestre ed ultraterraneo — fantastico e pauroso — .
è chiuso nel breve spazio di una mezza lunetta di un metro e venticinque di
diametro, circa.
Mai il Medio-Evo con il suo rimbarbarimento di tecnica, con la sua immagi-
nazione fosca ed eccitata fu rappresentato meglio che nell'opera di questo ignoto
scultore.
Ma fermiamoci un momento ad indagare un poco lo spirito e l'epoca di questa
rappresentazione, di questo fregio.
A quale epoca ed a quale soggetto lo riporteremo noi dunque ? Ecco : — giudi-
cando dalle rappresentazioni bestiarie di questa decorazione ed in modo speciale delle
Lamie — i maligni spiriti notturni cui si attribuiva il maleficio di suggere il sangue
I I RI RIA MI RH 'I' i Al I
dei fanciulli rappri i n\ 12 ■ ni 1 h< . m Ila foi ma 1
chiostro di SantN >rso id Vosta n< l kabei na< "l" della • l
sauria, nel chiostro di Monreale, in un :
drale .1 l 'esai 0 (uccelli p< unni i .1 t< sta umana e b
dotti ad attribuire la d< c< >razi< »ne «li qui sta lun< I • I
< )\ e però si • >ss< r\ i che le i • »no arr< >tate m
ih ii, ii«-, allora l'opera si potrebbe riferire anche al principio del XIII
CAIMUXICA — CASA MOXTEXERO.
^Fot. r. r. d'Arti Grafiche).
Il concetto poi della decorazione stessa è un concetto spesso ripetuto nell' età
romanica.
I vizi, i demoni, si aggirano davanti alla cattedrale o alla chiesa per impedire
al peccatore il lavacro, per difendere — con i serpi, i leoni, le belve — la preda
dell' Inferno, per iscatenarsi contro gli esseri che tendano alla purificazione dell'anima.
Riassumendo diremo che la lunetta del Nosocomio di Capranica è una rappre-
sentazione demoniaca, di stile romanico, della fine del XII secolo.
Di là io mi recai alla Madonna del Piano, chiesa appartenente a dei preti irlan-
desi, per vedervi certi affreschi che la mia cortese guida mi indicò come affreschi
dello Zuccari.
Se questi affreschi non sono, come ho visto accennato in qualche guida, dello-
1 1<
ITALIA ARTISTICA
Zuccari, essi sono certamente della sua scuola; ed uno, quello rappresentante la na-
scita di Maria Vergine, è splendido di soavità di colorito e bontà di disegno.
Che gioia si prova riposando l'occhio su questa felice facilità di tecnica, su questa
armonia di colore e di segno, su questa serena maestria dell'arte, dopo aver occupato
CAPIUNICA — PORTA DEL NOSOCOMIO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
a lungo l'occhio sulle potenti, ma triste e rozze, produzioni del selvaggio Medio-Evo.
E' come un grande sospiro di sollievo che vi sfugge dal petto !
Ma il tempo stringeva, e Sutri — che era la meta ultima ma più importante
del mio breve viaggio — era ancora da vedere.
Io non volli però partire da Capranica senza recarmi alla casa che dicono abitasse
Francesco Petrarca quando fu qui ospite d'Orso Anguillara.
I- l l't kl \ mi l<]])K >N '. I I
I !
( in. mi, imi' » quell i tta, chi puri dovei
migli» -ri del paese, è !mp< ■ sib li i he la mi nte n< >n A
Evo - [uà nd< i R< »ma era al sbandi mata dai papi pi r la sedi <
straziata dalle l< itte «li quelle famig li< pi m pi < he di
siili, degli A nguillara, che furono l'ori i i l'infamia del loi
l ,i residi n :a del I 'etran a .1 ( !apranii a, pr< sso ( »r 0 dell'Ai
st< >rica. Il i '«I rarca era pi 1 .seduti » dal de idi rii > di veder F I ì
CAPRAXICA — ARCHITRAVE DEL NOSOCOMIO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
suoi sogni ed egli aveva già da Avignone, il 21 dicembre 1334, scritta una lettera
a Iacopo di Lombes dicendo:
« E' appena credibile quant' io mi strugga di vedere quella città quantunque ab-
« bandonata sia e ridotta non altro che l'ombra dell'antica Roma. Panni sentire ciò
« che Seneca sentiva, allorché scriveva a Lucilio dalla Villa di Scipione l'Africano, e
« reputava ventura grandissima la sua di aver veduto il luogo dove quel celebre uomo
« visse in esilio e lasciò le ceneri negate alla patria. Se così sentì uno Spagnuolo, che
« non credi che senta io, italiano ? Ne per me si tratta della villa di Linterno, ma
« della città di Roma, cui nessun'altra fu ne sarà mai pari ».
15
1 1 8
ITALIA ARTISTICA
Il suo lungo desiderio fu soddisfatto ed egli, scortato dal conte Orso di Anguil-
la™ — erano i tempi in cui il contadino arava portando con sé la lancia e la spada
e i pastori pascevano le pecore solo in parecchi ed armati sino ai denti — entrò fi-
nalmente il 14 gennaio 1337 nella minata città partita. Ma quella città aveva un
CAPRANICA — CASA DOVE ALLOGGIO IL PETRARCA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
nome che pronunziato suonava come se fosse stato squillato all'unisono da tutte le
trombe d'argento della fama .... quella città si chiamava Roma, e in quella Roma,
lui — Francesco Petrarca — con su le spalle il manto regale donatogli da Roberto
di Napoli, tra dodici paggi vestiti di scarlatto, tra il plauso unanime del senato, del
clero, della nobiltà, del popolo, il giorno di Pasqua del 1341, doveva essere coronato
I l'i RIA MI KIM< i \l I
i
in ( lampidi »glio dalle mani i ti i del sui i i « pite di (
guillara, E f< >r le ci >n i >cchi lucidi «li pianti ». i
ammirati i «li tutti, un gii »\ inet t< » che si chiam i
del poeta <l->\ i \ a < pi r rarità di i a più I i
il suo incoronamento il Petrarca continuò .1 viver lieto am
salptna solUudo tucun dissima, ma quanti Portuno
chi avrebbe mai detto .1 quell'ignoto figlio di un tavemii
PONTE SULLA VIA DI SITUI.
(Fot. I. I. d'Arti Ora-
giorno anch'egli sarebbe stato incoronato in Campidoglio, con sei diademi, alla pre-
senza dei legati delle repubbliche italiane, di tutto il clero e il popolo di Roma ?
Ma la Rupe Tarpea era vicina, e Cola fuggito nella solitudine biennale della fredda
e boscosa Maiella si rifugiò poi a Praga, in terre così remote a quel tempo, e poi
di là fu spedito prigioniero ad Avignone dove l'anima gentile del poeta si commosse
dinanzi a tanta vicenda di casi ed il Petrarca fu il solo, o certo tra i pochi, che le-
vasse la voce e adoperasse la penna in difesa di Cola di Rienzi. (Populo romano.
Sine titulo. Ep.).
Così, con questa visione di serena umanistica, io salutai Capranica.
l !< i
ITALIA ARTISTICA
SUTKI — PANORAMA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
SUTRI.
Da Capranica a Sutri il cammino è facile e breve ; più facile ancora quando si
fa, come me, sdraiati su di un piccolo, vecchio, sgangherato, ma comodo calesse, gui-
dato da un modesto automedonte cui forse la lingua caina dei colleghi o il malumore
di qualche frettoloso cliente mise il nomignolo automobilistico, ma ironico, di Benzina.
Ad ogni modo, fosse la bellezza della campagna che qui sembra cominciare a
sollevarsi dal vasto letargo in cui giace neh" agro romano, fossero le imagini e le
memorie di questo vecchio territorio che mi accompagnavano come un ronzio d' in-
setti, io arrivai a Sutri tanto presto che la mia gita mi parve coonestare l'espressione
latina « ire Sutrium ».
I latini dicevano « ire Sutrium » per indicare la facilità di un'impresa ed allude-
vano con ciò al fatto che Sutri, divenuta amica dei Remani, era stata un giorno
assalita e presa dai suoi antichi conterranei, gli Etruschi. I prigionieri, in lunga e triste
teoria, venivano portati in ischiavitù quando Furio Camillo li incontrò. Memore del-
l'amicizia che Sutri aveva sempre avuto a Roma, liberò i prigionieri, dette l'assalto
alla città, l'occupò, le restituì prigionieri e libertà.
Così Sutri in un giorno fu presa due volte, e così venne il proverbio z>£ Sutrium...
I I !' I l'I . MI RI] >l< I
proverbio che ora mi ritornava in ment< mentre l •
««in bicchieri di \ in< >, che il tacere è bello,
facendo schizzare i ppan i i
Siiin ni. riti r< bbe da s< la un lunj
e medi» >e\ ale che la pici i >la ci1 à i hiud< ni Ila breve cei
e dii ute, tanta è la p< « sia che le \ i< ne dalli
fende medi» levali, dalla mera^ iglia del olo ma !
coronati > di lecci <• di querci, Situata s< »pra uni
• entri vulcanici dei Sabatini e Cimini, isolata dai i idi Promonti i K
essa è una dille pochissime città etnische che sembra n< n aver
ione storici. Ma comi' città » trusca la sua sti ria comincia per n< i con I
cioè con la conquista romana. Essa, e la vicina Nepi, venivano
l'inni. i e sopra una delle sue pi rio è questa ìscrizioi
Sul ri K in J-Jr/iiùr clausura — urbs socia rcmanù - — << Ionia conjuncta Julia; <
come su di un'altra si legge: A Pelasgiis Sutrium conditur.
Sarebbe difficile provare la verità di questa seconda iscrizione, ma i § itri è
di un'alta antichità e la leggenda che fa nascere qui Ponzio Pilato, lo scettico • pr
rator Caesaris » di cui si mostra ancora la casa, e il Conte Orlando, il fant Pa-
Sl'TRI — PORTA ROMANA.
SUTRI — PORTA VECCHIA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
SUTRI — CASA DI PILATO E DELLE MAESTP.E IX PIAZZA S- FRANCESCO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
T*V V
-
a
1 2.\
ITALIA ARTISTICA
ladino di cui si accenna ancora la grotta dove venne alla luce, servono a dare a
questa piccola, scura, dimenticata città, uno strano sapore di leggenda e di mistero.
Senso di leggenda e mistero che una visita alla città aumenta invece di dissi-
pare. Mai io avevo veduto una evocazione più completa e significante del patos cri-
SUTRI — PIAZZA DELLA ROCCA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
stiano come entrando in queste chiese sotterranee di Sutri, ora sepolte sotto il pavi-
mento di altre, ora albergate nell' adattamento strano e tenebroso di antiche tombe
etnische.
La Cripta di S. M. Assunta è un bell'esempio del genere ; sembra in essa sia
tutto raccolto lo spirito dell'antica religione cristiana; triste e misterioso. Le colonne
che la sorreggono sono scompagnate, ma tutte di stile romanico.
SITUI — PIAZZA Vllliil'.Kt EMANUELE.
SITRI — RUDERI DKLL'ANTICO BORGO.
(,Foc. 1. 1. d'Arti G
16
ITALIA ARTISTICA
Non bisogna, a questo proposito, dimenticare che se Sutri fu la porta dell'Etruria,
la porta cioè che chiudeva i limiti dell'antica potenza etnisca, essa fu anche la porta
dei Longobardi, e la storia di questa piccola città si riconnette con un fatto di una
grande importanza: con la prima donazione «li dominio temporale che un re fac<
SUTKI — CAMPANILE DEL DUOMO E PORTA VECCHIA.
(Fot. I. I. d*Arti Grafiche).
mai alla Chiesa; la donazione cioè di Sutri fatta nel 727 da Liutprando, re dei Longo-
bardi, a papa Gregorio IL
Da questa cripta romanica noi risalimmo nella Cattedrale, dove più ancora del
bel mosaico antico che ricopre il pavimento mi colpì lo strazio fatto a delle bellissime
colonne antiche che la stupida insipienza di qualche imbianchino improvvisatosi ar-
I- I l'i RIA M1-KII»I« 'Il
chitetto ha rii op< rto dell < p
stato dato vedere. E quante volte m • d
.un he in que t< i mi" ultim I
dubitai e di i >gni r< sto d i< nt< i » nel pop
i i , Mil<> di li. io p i.ii .1 lungo pi r Sutri, ed <
antichi edifizi, « om enni in gran parte i on qu< li" che I I >•
SUTRI — VIA DI l-OKT.V HORONI E TESTA DI MULO. . I. I. . Iche).
che molte delle pietre che formano anche oggi l'attuale Sutri debbono essere state
tagliate da mani etnische.
Come carattere generale odierno, Sutri offre ben poco di importante; tutta la sua
attrattiva è nel passato.
Essa ha il solito carattere di tutte queste decadute città dell' Etruria meridionale
che si sono ritrovate in cenci da mendicanti e, come brandelli, loro pendono addosso i
resti delle loro vesti regali, rappresentati o da una chiesa dagli affreschi dovuti ad
ITALIA ARTISTICA
SI THI — PALAZZO COMUNALE — SFINGE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche)
un glorioso pennello del rina-
scimento, o a qualche miracolo
di architettura, od a qualche o-
pera di insigne scalpello o a
qualche rivelazione improvvisa e
grandiosa del mondo antico.
Ciò nonostante la vita a Sutri
è ben lungi dall'essere addormita
come in alcune città che io vidi
e dove il passo del Abitatore
risuona nel silenzio suscitando la
curiosità dei pochi abitanti ; Sutri
è relativamente pulita, ha un'o-
spedale, un seminario, una lunga
via, che la divide in due parti,
assai larga, una bella piazza con
una fontana nuova ed anche un
mulino elettrico!
SUTRI
MUNICIPIO
SAIA CAPITOLARE.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
sillil — OSPEDALE E melimi ELI I usimi.
(Fot. 1. 1. d\A < ■
SITUI — MURA E PORTA DELLE PIAZZE.
Fot. I.I. d'Arti Grafiche».
».V'
ITALIA ARTISTICA
Ma il Sutri di oggi non occupa clic una parte dell'antico; un'altra era occupata
dalla rupe dove adesso è la splendida villa Savorelli e l'altra ancora si stendevi), du-
rante il Medio-Evo, nella valle dove ancora si drizzano pochi e poveri ruderi.
Fu per recarmi alla villa Savorelli, presso la quale si apre l'anfiteatro che forma
SUTRI
CATTEDRALI-: — PITTURA BIZANTINA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
la più grande curiosità archeologica di Sutri, che io passai per la porta detta « Porta
Vecchia ». Questa presenta tre modi di costruzione differenti : l'etrusco, il romano e
il medioevale. E' sull'arco medioevale che è Tarme di Sutri; Saturno a cavallo che reca
in mano un fascio di spighe. Poiché è da Saturno che i Sutrini fanno derivare il nome
della loro città, nome che in etrusco fu, secondo l'opinione più comune, Sutrinas, o
SUTR1 DUOMO.
SITUI — DUOMO — LA CRIPTA.
^Fot. I. I. d'Arti Granché).
132
ITALIA ARTISTICA
Suthrina. Delle cinque porte che Sutri conserva ancora, solamente tre sono cre-
dute di origine primitiva, e se così è, Sutri avrebbe allora avuto il numero preciso
di porte che il rituale etrusco prescriveva alla città.
Sceso, e traversata la piccola valle, prima di .^tlire al poggio Savorelli io vidi
ai piedi dell'alto e scosceso dirupo delle irregolari finestre praticate nel tufo.
SUTRI — DUOMO
ALTAHE DEL SEC. XVI.
Fot. I.I. d'Arti Grafiche)
Sono le finestre della chiesa della Madonna del Parto, certo una delle più strane
di tutta la cristianità. Alle falde di questo monte gli Etruschi praticavano le loro
tombe ; se ne incontrano dappertutto, ampie come caverne, spogliate — s' intende —
di ogni suppellettile, rovinate, deturpate dal tempo e dagli uomini. Molte di esse ser-
vono ora di porcile, di stalla, di stabbio, dopo aver forse servito anche da sepoltura
romana e cristiana, e attraverso a qualcuna io vidi, dall'altra parte del monte, passare
l'acqua del fiume che chiamano La Mola. E' un'acqua sudicia, nerastra, limacciosa,
SITUI — GROTTE DELLA MOLA.
(Fot. I. I . d'Arti ' .
SITUI — AVANZI DELLA CHIESA DI S. FORTUNATA- vFot- l- *• d'Arti Grafiche).
SUTHI — ROCCE TUEONICHE E SEMINARIO-
(Fot.I. I. d'Arti Grafiche).
SUTRI — CASALE FRANCOCCI — LE MURA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
/
-
_
n6
ITALIA ARTISTICA
«lic talvolta, per scoli o filtrature di terreni forse ricchi di ocra gialla, si colora biz-
zarramente, ma tristamente, e scorre, con un giuoco di ombre paurose, tra il borracino
o le erbe larghe, verdi, villose, di quelle, che qui più che altrove, possono chiamarsi
davvero morte rive.
Eppure chissà con quanta affettuosa e disinteressata pietà saranno state costruite,
adornate, dipinte1, arricchite di suppellettile preziosa dai nostri lontani ed obliati
progenitori !
Queste, in cui io mi accingevo ad entrare adesso, sono state relativamente più
fortunate; esse non hanno fatto che cambiare la forma del culto e della divozione e
da tombe etnische sono diventate chiesa cristiana.
SUT1U — SARCOFAGO IN PIAZZA S. FRANCESCO.
Ma quale chiesa ! scavata, adattata tra queste tombe di tufo, umida, sotterranea,,
essa ha più della catacomba che della basilica, cui pure potrebbe, per la sua forma,
essere ascritta.
Tale qual è il suo pregio consiste appunto nella sua originalità e nella sua alta
antichità, che può andare dal VI al IX secolo av. Cristo.
11 Dennis racconta che quando egli venne a Sutri (1842-47) un giovine pittore
stava riparando in quella chiesa della Madonna del Parto l'affresco dell'aitar maggiore.
Il giovine pittore si offrì di far da Cicerone all'archeologo straniero e gli mostrò lì
nella chiesa, dietro la sagrestia, una porta chiusa che disse mettere alle catacombe
di Sutri. Aggiunse esser fama che queste catacombe comunicassero con quelle di
Roma, di Nepi, di Ostia.
si mi — I.WM ICO l:n|;i,u.
Pot. I. I. d'Arti Grafiche).
SITUI — MURA DELL'AMICO BOHCO.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
SUTRI — TOMBE ETRU5CHE A FONTE FOGLIETTA. (Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
SITUI — COLUMBAIUUM S01MU ALLA MOLA.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
SUTRI CHIESA DELLA MADONNA DEL PARTO ESTERNO. Fot. 1. 1. d'Arti <
SUTIU — CHIESA DELLA MADONNA DEL PARTO — INTERNO. (Fot I. I. cFArti Grafiche).
140
ITALIA ARTISTICA
Ora io, per quanto accuratamente facessi il giro di tutta la chiesa, non vidi nulla
rassomigliasse a porta chiusa od aperta e nessuno sa dove sia od ha visto questa
leggendaria e misteriosa porta.
J.e catacombe di Sutri sono oltre a mezzo chilometro dalla città, prendono il nome
da S. Giovenale, chiesa (Mie un tempo sorgeva lì presso, non hanno nulla che fare
con la Madonna del Parto, né comunicano, come vien detto, con quelle di Nepi.
Uscendo dalla basilica io mi fermai ad osservare un affresco che si trova in una
SUCRI — CASVLK KiUNCUCGl — UllDn.HI UKLL\ CHIUSA DI S. STEFANO. (Fot. 1. I. d'Arti Grafiche).
specie di vestibolo e che dovette essere anch'esso una tomba etrusca di cui si scor-
gono ancora i loculi.
La mia cortese e dotta gu:da — Mons. Gentili — una di quelle persone di tale
elevatezza di spirito e profondità di dottrina quale nessuno si aspetterebbe mai di
trovare nel. a ignorata modestia di così p:ccoli centri e che formano poi il ricordo
più gradito di tauto il viaggio — mi spiegò che il soggetto di quell'affresco rispon-
devi ad un'usanza assai comune nel Medio-Evo.
Si tratta di una processione al Monte Gargano, e si vedono delle saette che sca-
glia e dal/arc ere contro S. Michele ritornano miracolosamente sull'arciere stesso. Esi-
stono qui nell'archivio di Sutri molti testamenti dei secoli XIII, XIV e XV nei quali
viene lasciato ali erede l'obbligo di mandare una o due persone a visitare in pellegri-
! I l'i R I A Mll'.lhl' ».\\\l K
naggio il Santuario di S. Michele .il Monte riargano i I
una \ « l duae b< >nae per •■ mai ad viscnd I um S
ad Mollimi Galganum in Apulia, A mpid<
Ma oramai il tempo incalzava; noi salimmo per una bella
SL'TRI — CASALE FRAXCOGCI.
Liti Grafi :
sul ripiano del monte, su cui spazia grande e signorile la villa Savorelli tutta cir-
condata dal verde nerastro dei lecci e delle querci secolari ; e' inoltrammo ancora un
poco verso un muricciuolo che fa il giro del ciglio del monte ed ecco che affaccian-
domi, là sotto i miei occhi, si aprì l'anfiteatro di Sutri.
Piccolo, ma benissimo conservato, scavato nel sasso stesso della montagna che
d'ogni parte lo stringe, sì come una coppa in un astuccio profondo e verde, colorato
18
142
ITALIA ARTISTICA
dai mille colori dell'erba, dei fiori, coronato in alto dalle vive e naturali colonne dei
lecci e delle qùércì nere e chiomate, ha per azzurro velabro il cielo e più che un
rudero sembra un capolavoro artistico della meravigliosa natura.
L' importanza archeologica di questa epitome del Colosseo è grandissima ; e la
questione se esso sia etrusco o romano è stata molte vrolte agitata. Ma gli Etruschi,
i quali, come noi sappiamo, ripetevano l'origine loro dall'Asia ( Etniscos Asia sibi vin-
ilica! ), furono quelli che insegnarono ai Romani — oltre alle norme aruspicine della
Sl'TIU — CHIESA DELLA MADONNA DEL PARTO — AFFRESCHI. (Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
fondazione delle città, i primi ordinamenti sacri e militari — anche ogni modo di
architettura e fu dal nome della loro supposta patria, la Lydia, che i giuochi si
chiamarono ludi.
Pure ammettendo dunque che questo anfiteatro sia, come alcuni vogliono, romano
e dell'epoca di Augusto, noi possiamo esser quasi sicuri che esso fu ispirato, lavorato
e diretto da artisti ed operai etruschi. L^na particolarità di questo anfiteatro è il cor-
ridoio a volta che circonda tutto il giro dell'arena e al quale si accede per le porte
del podio.
Sopra il podio si innalzavano le gradinate interrotte qua e là da firaecindicnes,
'4 1
ITALIA ARTISTICA
►assaggi circolari, per facilitazione di assettamento degli spettatori. Al di sopra delle
gradinate, là, dove dalla parte della villa Savorelli il muro scende a picco e nudo, si
vedono ancora, corrose, delle mezze colonne scavate sul vivo sasso, e sormontate da
una cornice. In questo muro e da questa medesima parte sono anche alcune vuote
nicchie, nelle quali forse dovevano trovar posto delle statue. Una cosa caratteristica
è che ad intervalli regolari ci sono, circa a metà delle gradinate, come delle piccole
alcove con dei sedili di pietra capaci di due o tre persone. Erano forse per le perso-
nalità, per le autorità del tempo ! Vomitori, gradini, quasi tutto, è in istato di buona
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SUTRI
PANORAMA DI VILLA SAVORELLI.
(Fot. I. I. d'Arti Grafiche).
conservazione e ciò è dovuto forse in gran parte al fatto che tutto l'anfiteatro giac-
que, ricoperto di terra e di erba, ignorato a lungo; tanto che i più antichi archeo-
logi, come il Dempster, il Gori, il Buonarroti, ne ignoravano l'esistenza.
Quantunque questo anfiteatro sia, per la sua poetica ubicazione, per la sua con-
servazione, per la sorpresa che reca al visitatore cui si apre improvviso alla vista, una
delle cose che più rechino meraviglia e piacere, pure manca ad esso quello che forma
l' incanto, il pregio, la solennità dell'anfiteatro, quale noi siamo abituati a concepirlo.
Manca tutta la parte architettonica esteriore, ed esso rassomiglia perciò ad un'opera
in costruzione ; rassomiglia ad un piccolo Colosseo cui gli operai non abbiano per
pigrizia mai tolto il terrapieno che lo vestiva dalla base alla cima e che si sia perciò
poco a poco vestito di erbe e di piante.
si i i-.i VILLA SAVORE] I !■
Sl'TRl — CHIESA ALLA VILLA SAYOP.ELLI.
(For.I. I. d'Arci Grafiche).
146
ITALIA ARTISTICA
Ciò nonostante fu con vero senso di rincrescimento che io ini staccai da questa
: e dolce visione del passato; e di tutti i ruderi e miracoli di architettura del
mondo etrusco romani» questo è l'unico di cui io abbia riportato un ricordo in cui
sia qualche cosa di queir indefinito sentimento che noi esprimiamo con la parola
« soave ».
Il palazzo di Carlo Magno e la grotta che prende il nome dal suo più celebre
paladino sono, ahimè, delle vere delusioni.
L'uno è un rudero medioevale sprovvisto d'importanza e Tunica cosa che po-
trebbe sembrare coonestare ancora la residenza del re dei Franchi, sacro nelle leg-
gende dei cavalieri, è che tra le mura di esso il governo tiene adesso lo stallone per
la monta! L'altra è una grotta che fu forse un sepolcro etrusco la cui parte anteriore
è sostenuta da un pilastro quadrato. Dicono che là Berta desse alla luce il « Furioso ».
Ma Sutri è terreno in cui la leggenda cresce, a quanto pare, per produzione
spontanea. Io ho visto incastrata all'angolo di una casa una testa di asino o mulo che
si dice essere posta là a guardia di un nascosto tesoro. 11 tesoro fu cercato attiva-
mente una quarantina d' anni fa, specialmente là nella vallata, presso un diruto, e
spesso percosso dal fulmine, Casale dei Francocci, ma con quale resultato non occorre
dire. Così Sutri sembrerebbe per conto suo convalidare Y antonomasia di « matcr
super stitionum » con la quale veniva designata l'Etruria.
SUTR1 - L'ANFITEATRO.
'I ot. I fiche;.
Sl'TRI — L' ANFITEATRO.
(Fot. I. I. d'Ar.i Grafiche).
148
ITALIA ARTISTICA
Né Pilato, né Carlo Magno, nò Orlando, furono forse mai a Sutri, ma quella
testa di asino che accenna a un tesoro potrebbe essere un gran simbolo. Il tesoro a
Sutri esiste forse realmente come forse realmente esiste in tante altre ignorate o tra-
scurate località di questa Etruria meridionale. Esso è forse in quelle tombe che le
frane, le alluvioni, l'erba e le piante nascondono adesso, ma che sarebbe pur facile
ricercare e trovare, e l'asino è il buon popolo italiano, siamo noi, che questi tesori
possediamo e non cerchiamo e curiamo.
Ma non vogliamo disperare, né turbare con la melanconia di un facile scetticismo
il vario e sereno ricordo del nostro viaggio.
Da qualche tempo un alito di vita nuova ha cominciato a spirare nel campo della
storia dell'arte e dell'archeologia italiana.
ROMA — PORTA DEL POPOLO, DALL'ESTERNO.
(Fot. I. 1. d'Arti Grafiche).
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